Se c’è un’economia che sta soffrendo terribilmente per la crisi internazionale provocata dall’emergenza Covid, questa è la Nigeria. Secondo un report di Fitch dell’aprile scorso, il governo avrebbe bisogno di quotazioni del Brent a 144 dollari al barile per portare il bilancio in pareggio, circa 100 dollari in più dei livelli attuali di mercato. Questo vi fa capire già il senso della gravità della situazione. Per chi negli ultimi tempi aveva scommesso su Lagos per mettere a frutto i capitali, magari compiacendosi degli alti rendimenti offerti dagli assets, ad oggi può dirsi potenzialmente rovinato.
I bond in dollari della Nigeria offrono rendimenti alle stelle e restano rischiosissimi
La banca centrale non vende più da mesi valuta estera, intenta a custodire le riserve, così che non scendano sotto i 30 miliardi di dollari. A fine agosto, si attestavano a 35,66 miliardi. Nel frattempo, i tassi d’interesse sono stati di poco tagliati al 12,50%, restando solo in apparenza alti. Il fatto è che in agosto il tasso d’inflazione nigeriano è salito al 13,22%, per cui il costo reale del denaro è negativo. Non potendo acquistare valuta estera, i risparmi domestici rimangono confinati al mercato interno, con la conseguenza di deprimere i rendimenti sovrani lungo la curva.
Pensate solo che nel dicembre scorso, il titoli di stato a 3 mesi offrivano il 13%, oggi l’1,3%, 10 volte in meno e, soprattutto, qualcosa come quasi 12 punti percentuali sotto l’inflazione. Più alti i rendimenti sul tratto medio-lungo e lungo, ma pur sempre insufficienti a coprire l’aumento dei prezzi al consumo: 9% sui 10 anni, 3,6% sui 2 anni.
Il duro colpo del cambio
Si stima che gli investitori stranieri abbiano capitali intrappolati nel paese emergente per 2,5 miliardi di dollari tra azioni e obbligazioni. Non potendo disinvestirli, li impiegano in titoli a breve termine, ma il cui rendimento nemmeno lontanamente remunera la perdita del potere di acquisto patita.
Non solo. Nel luglio scorso, la banca centrale ha svalutato il naira contro il dollaro per la seconda volta in pochi mesi, portando il tasso di cambio in area 379. Era a 306,50 fino a marzo di quest’anno. Questo significa che chi avesse investito ai valori pre-marzo, oggi si ritroverebbe con un capitale virtualmente deprezzatosi di quasi il 20% per il solo effetto cambio. Del resto, gli alti rendimenti a breve vigenti fino a pochi mesi fa servivano proprio per compensare tali aspettative negative sul naira.
Per quanto le quotazioni dei bond a più lunga scadenza possano continuare ad apprezzarsi per via degli alti rendimenti offerti rispetto ai valori medi vigenti sui mercati esteri, non sembra possibile che riescano a coprire per intero le perdite, anche perché di ulteriori capitali stranieri non ne stanno più affluendo, se è vero che già il primo trimestre del 2020 si era chiuso con un deficit di 6,3 miliardi di dollari, che si confrontava con un attivo di 4,8 miliardi registrato nello stesso periodo del 2019 e, soprattutto, con i +13,2 miliardi dell’ultimo trimestre del 2019.