Buoni fruttiferi postali di 5.000.000 lire: timbro tassi solo nel periodo tra il 1° e il 20° anno

Nuova vittoria: risparmiatrice ottiene che le venga rimborsato il buono con i tassi indicato dietro ad esso della vecchia serie per gli anni dal 21° al 30°.
4 anni fa
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Buono fruttifero postale del 1983.

Lo scorso 18 settembre 2020 sul sito dell’Abf sono state pubblicate molte decisioni tra cui anche quelle relative a contenziosi in merito ai buoni fruttiferi postali. La decisione numero N. 13393 del 30 luglio 2020 del Collegio di Bari, qui il link, riguarda una risparmiatrice cointestataria di un buono di 5.000.000 lire che apparteneva alla serie P ed emesso il 24 ottobre 1986. Fin qui nulla di strano: la ricorrente, però, ha evidenziato che al momento della sottoscrizione l’intermediario ha apposto due timbri. Quello davanti con la dicitura serie Q/P e uno dietro che recava la misura dei nuovi tassi ma soltanto nel periodo tra il 1° e il 20° anno mentre nulla veniva indicato sull’ultimo decennio.

La risparmiatrice ha presentato quindi ricorso perché riteneva che dovesse essere applicato l’importo previsto per i buoni della serie P ovvero quello specificato nella tabella originaria. Ecco tutte le info in merito nonché qual è stata la decisione del Collegio di Bari.

I chiarimenti dell’intermediario

L’intermediario nelle sue controdeduzioni ha chiarito subito che le variazioni di saggio dei buoni fruttiferi postali sono disposte con Decreto Ministeriale per cui tali modifiche si intendono effettive dalla data di entrata in vigore del Decreto anche se possono essere estese anche ad altre serie.

Fa notare poi che, il buono oggetto della diatriba, apparteneva a tutti gli effetti alla serie Q che venne istituita con DM il 13 giugno 1986 e lo stesso fu emesso su titolo aggiornato con indicazione Q/P davanti e con tabella recante i nuovi tassi di interesse sul retro secondo quanto previsto dall’articolo 5 del DM. Quest’ultima indicava gli interessi applicabili stabilendo che ve ne fosse uno composto per i primi 20 anni ed un importo bimestrale maturato dopo il 21° anno fino al 31 dicembre del trentesimo anno dopo l’emissione. Ciò stabilito in base al tetto massimo raggiunto al ventesimo anno.

L’intermediario ha asserito inoltre che il decreto non prevedeva che sul retro del buono venisse apposto un timbro contente gli importi che dovevano essere corrisposti per gli anni dal 21° al 30° il cui sistema di calcolo restava invariato ovvero era l’interesse semplice.

La decisione del Collegio di Bari

Il Collegio di Bari dopo un’attenta analisi della documentazione ricevuta ha comunicato che l’intermediario ha utilizzato effettivamente il modulo cartaceo della precedente serie P per emettere nuovi buoni della serie Q. Ha operato così in linea con le disposizioni del Ministero. Tuttavia il nuovo timbro apposto sul bfp non disponeva nulla del rendimento previsto dal 21° al 30° anno per cui per il Collegio la ricorrente del ricorso avrebbe fatto affidamento sull’applicabilità delle condizioni riportate originariamente sul retro del titolo per il periodo in questione. Alla luce di ciò, quindi, il Collegio di Bari ha accolto la domanda della ricorrente relativa al rimborso del buono per gli anni dal ventunesimo al trentesimo con l’applicazione delle condizioni originariamente risultanti dal titolo stesso.

Leggete anche: Buono postale fruttifero AA3: riconosciuti interessi e importo nonostante l’opposizione di Poste Italiane

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alessandradibartolomeo

Da novembre 2016 fa parte della redazione di InvestireOggi curando la sezione Risparmio, e scrivendo su tematiche di carattere politico ed economico. E’ Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Campania.
Dopo una formazione classica, l’amore per la scrittura l’ha portata già da più di dieci anni a lavorare nell’ambiente del giornalismo. Ha collaborato in passato con diverse testate online, trattando temi legati al risparmio e all’economia.

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