Pensioni d’oro, fine del contributo di solidarietà

La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà delle pensioni d’oro dopo il terzo anno. La casta festeggia.
4 anni fa
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Basta col contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale in una recente sentenza specificando che oltre il terzo anno il contributo è illegittimo.

La questione di legittimità era stata sollevata proprio dagli stessi magistrati del Tribunale di Milano e della Corte dei Conti. Giudici che, neanche a farlo apposta, per i più alti gradi della carriera, sono parti in causa. Avevano sollevato la questione di legittimità proprio lo scorso anno riguardo alla legge di bilancio che imponeva un contributo di solidarietà alle pensioni più elevate.

La questione di legittimità

Più in dettaglio, le questioni avevano ad oggetto la limitazione della rivalutazione automatica per il triennio 2019-2021 delle pensioni superiori a determinati importi (“raffreddamento della perequazione”) e la decurtazione percentuale per cinque anni delle pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui (“contributo di solidarietà”).

In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che è stato ritenuto legittimo il raffreddamento della perequazione, in quanto ragionevole e proporzionato. È stato ritenuto legittimo anche il contributo di solidarietà, ma non per la durata quinquennale, perché eccessiva rispetto all’orizzonte triennale del bilancio di previsione dello Stato. Pertanto, il contributo rimarrà operativo per tutto il 2021. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

Quante sono le pensioni d’oro in Italia

Ma quando una pensione può ritenersi d’oro? Non esiste una soglia specifica, tuttavia si può ritenere che al di sopra dei 5.000 euro al mese lordi si possa parlare di pensione d’oro. Detto questo, alla fine del 2018, in base ai dati ufficiali diffusi dall’Inps, le pensioni erogate sopra tale soglia ammontavano a 59.863. Lo 0,36% del totale delle pensioni in Italia, con una maggiore concentrazione al Nord per circa il 60% degli assegni.

A fianco delle pensioni d’oro pagate dall’Inps, però, ci sono anche quelle erogate da altri enti previdenziali.

Sono quasi 30.000 le persone che percepiscono assegni superiori a 5.000 euro mensili al di fuori dell’Inps. Si tratta, ad esempio, di ex parlamentari, membri o dipendenti degli organi costituzionali e dell’Assemblea regionale della Sicilia.

Il contributo di solidarietà

Il governo è intervenuto a più riprese per cercare di mitigare l’ampia divergenza sociale introducendo il cosi detto contributo di solidarietà. Dal 2011 le pensioni d’oro vengono ogni anno colpite con una trattenuta percentuale che è cresciuta nel tempo. Oggi la legge prevede fino al 2023 un taglio così strutturato sulle pensioni d’oro:

  • 15% per le quote tra i 100.160,01 e 130.208 euro annui;
  • 25% per le quote tra i 130.208,01 e 200.320 euro annui;
  • 30% per le quote tra i 200.320,01 e 350.560 euro annui;
  • 35% per le quote tra 350.560,01 e 500.800,00 euro annui;
  • 40% per le quote superiore ai 500.800 euro annui.

Salva la casta dei pensionati d’oro

Vale la pena osservare che nella prima fascia, quella compresa fra 100.160 e 130.208 euro sono comprese meno della metà delle pensioni d’oro. Si tratta infatti di assegni che vanno da 7.600 a 10.000 euro al mese. E più si sale con gli importi, meno pensionati d’oro troviamo. Il grosso delle pensioni d’oro si trova infatti al di sotto dei 100.000 euro annui. Per cui, il contributo di solidarietà, così come è stato concepito e applicato è solo uno specchietto per le allodole che non colpisce quasi nessuno.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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