La controversa questione dei BUONI FRUTTIFERI POSTALI serie Q/P.
a cura di Avvocato Pierluigi Basile
Con la presente nota ci si propone di rispondere ad una serie di quesiti posti da numerosi risparmiatori ed addetti ai lavori tra i quali quelli che seguono:
– cosa sono i buoni fruttiferi postali?
– da chi sono emessi?
– quali sono le norme che disciplinano i buoni?
– cosa fare in caso di divergenza tra contenuto del buono e importo liquidato da Poste Italiane?
– quali sono i buoni per i quali è possibile ottenere un’integrazione rispetto all’importo rimborsato da Poste Italiane?
- CENNI STORICI
I buoni fruttiferi postali (di seguito BFP) sono prodotti di investimento finanziario.
I BFP sono stati introdotti nel nostro ordinamento, infatti, con il D.L. 16.12.1924, n. 2106, modificato con R.D.L. 10.07.1925, n. 1241, come forma di finanziamento dello Stato alternativa ai buoni del tesoro. Con la Legge 14.06.1928, n. 1398, sono stati regolamentati come forma di raccolta del risparmio postale da parte della Cassa Depositi e Prestiti. Ecco spiegato il perché, sin da allora, i BFP recano la doppia firma del Direttore Generale delle Poste e delle Telecomunicazioni e del Direttore Generale della Cassa Depositi e Prestiti. I BFP venivano stampati dall’Istituto Poligrafico dello Stato su carta filigranata e le loro caratteristiche tecniche erano determinate con decreto del Ministro del Tesoro di concerto con il Ministro delle Poste.
- NORMATIVA
I BPF hanno trovato la loro disciplina nelle norme di cui al capo VI, titolo I, libro III, del d.P.R. 29.03.1973, n. 156, di approvazione del “testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di Decisione N. 5674 del 8 novembre 2013 Pag. 12/21 telecomunicazioni” (cd. “codice postale”), e nel Titolo VI del regolamento di esecuzione di cui al d.
-sono nominativi e rimborsabili “a vista” (art. 171);
-gli interessi, con saggi crescenti in ragione dell’anzianità del titolo, sono “esigibili soltanto all’atto del rimborso del capitale” (art. 172);
-capitale e interessi sono esenti da qualsiasi imposta (art. 174);
-i buoni non sono sequestrabili e pignorabili, salvo che per ordine dell’autorità giudiziaria penale, e soprattutto incedibili, salvo che per successione a termini di legge (art. 175);
-“possono essere riscossi entro la fine del trentesimo anno solare successivo a quello di emissione. Dal 1° gennaio successivo, i buoni non riscossi cessano di essere fruttiferi di interessi e sono rimborsati a richiesta dell’avente diritto entro il termine di prescrizione di cinque anni” (art. 176);
-in caso di smarrimento, furto o distruzione dei buoni, il titolare può chiedere il rilascio di duplicati (art. 180);
-all’organizzazione e alla vigilanza sull’emissione dei BFP è preposto un “Comitato centrale dei buoni”, con sede presso il Ministero del Tesoro, presieduto dallo stesso Ministro del Tesoro (art. 181).
Secondo la formulazione originaria dell’art. 173 del codice postale, la determinazione dei tassi di interesse (crescenti sino al ventesimo anno) era demandata per ogni serie a un decreto del Ministro del Tesoro di concerto con il Ministro delle Poste e delle comunicazioni, sentito il CICR, da pubblicarsi sulla Gazzetta ufficiale e riportarsi a tergo dei titoli.
Il D.L. 30.09.1974, n. 460, convertito nella L. 25.11.1974, n. 588, ha modificato tale disposizione, prevedendo che i tassi di interesse corrisposti con le nuove serie si estendessero automaticamente anche ai buoni già emessi in melius o in peius rispetto a quanto indicato nel retro dei buoni stessi, ma demandando gli uffici di integrare la tabella riportata a tergo dei vecchi buoni con altra tabella “a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali” con riferimento al montante maturato alla data di entrata in vigore dei nuovi buoni.
A partire dal D.M. Tesoro 14.05.1983 sono stati introdotti anche i BFP “a termine”, ossia serie speciali contemplanti il rimborso del capitale e dei rendimenti previsti solo a scadenze prestabilite. Veniva tuttavia ammessa la facoltà del sottoscrittore di ottenere un rimborso anticipato rispetto a tali scadenze, con l’applicazione allora dei soli saggi di interesse previsti per la corrispondente serie “ordinaria”, diminuiti di mezzo punto.
Con il D.L. n.556/86 convertito in L. n.759/86, i BFP sono stati assoggettati a ritenuta fiscale come segue:
– fino al 20.09.86: esenti;
-dal 21.09.86 al 31.08.87: 6,25%;
-dall’01.09.87 al 23.06.97: 12,5%.
Dall’01.01.97, in forza del d. Lgs. n.239/96, la ritenuta erariale è stata soppressa e sostituita dall’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi stabilita, per quanto concerne gli interessi resi dai titoli del risparmio postale, nella misura del 12,5%.
L’art. 2, c. 2, d. Lgs. 30.07.1999, n. 284, ha demandato a decreti del Ministro del Tesoro di stabilire le nuove caratteristiche e le altre condizioni dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali e di emanare norme in materia di pubblicità, trasparenza e comunicazioni periodiche ai risparmiatori. L’art. 7, c.3, d. Lgs. n.284/99 ha statuito l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tali decreti, di molteplici disposizioni del d.P.R. n.156/73 e delle relative norme di esecuzione (tra cui quelle relative ai BFP), precisando però che, per quanto riguardava i rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, rimanessero applicabili le norme anteriori (di cui al “codice postale”). Fra i decreti ministeriali in parola, alla materia dei BFP attiene il D.M. 19.12.2000, il cui art. 8 così recita: “I diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi. La Cassa depositi e prestiti ha facoltà di disporre, con apposita delibera del consiglio di amministrazione, il rimborso dei crediti prescritti a favore dei titolari dei buoni fruttiferi postali che ne facciano richiesta”.
- INQUADRAMENTO DEI B.F.P.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini del corretto inquadramento dei BFP, è decisivo prendere spunto dalla disciplina del rapporto che lega le parti. Il vincolo tra risparmiatore-sottoscrittore del buono e intermediario emittente è da tempo ricondotto in ambito contrattuale. Difatti, è stato ribadito in più occasioni che anche quando servizi postali come quello di cui si parla erano offerti da un’azienda dello Stato (la quale con L. n.71/1994 fu trasformata nell’Ente Poste, avente natura di ente pubblico economico, e quindi in SpA), essi si caratterizzavano per l’essere organizzati e gestiti in forma d’impresa. Pertanto, sin d’allora, i rapporti con gli utenti si configuravano come rapporti contrattuali, soggetti al regime del diritto privato. Nonostante tali rapporti fossero destinati a subire gli effetti di una normativa speciale, che ancora risentiva della natura soggettiva pubblica dell’amministrazione postale, la loro attrazione nella sfera del diritto comune era, così come lo è tuttora ed a maggior ragione, tanto più accentuata proprio per i servizi di bancoposta, comprendenti l’emissione dei BFP, che sono sempre stati del tutto privi di lineamenti autoritativi ed ai quali ineriscono connotazioni contrattuali giacché, per struttura e funzione, essi non si discostano dagli analoghi servizi resi sul mercato dalle imprese bancarie.
Da ciò discende che il vincolo tra risparmiatore e Poste Italiane è soggetto al regime del diritto privato, seppure sottoposto a possibili integrazioni successive per effetto di una normativa speciale (D.M. Tesoro da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale).
Alla luce di quanto sopra, i BFP sono qualificati come titoli di legittimazione ex art. 2002 c.c., con la conseguenza che, da un lato, non sono applicabili i principi di incorporazione e di letteralità (completa) propri dei titoli di credito astratti, rendendo così il diritto alla prestazione ivi documentato suscettibile di essere successivamente etero-integrato e, dall’altro lato, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti.
- CONTROVERSA QUESTIONE DEI B.F.P. ORDINARI SERIE “Q”.
Il D.M. Tesoro 13.06.86, pubblicato in G.U. il 28.06.86, entrato in vigore l’01.07.86, ha introdotto la serie ordinaria di BFP “Q”:
-l’art. 4 di tale D.M. ha previsto che “Con effetto dal 1° luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi, distinta con la lettera “Q”, i cui saggi d’interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto. Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni; le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi”;
-il successivo art. 5 ha previsto che “sono contraddistinti con la lettera «Q», i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie «P» emessi dal 1° luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura «Serie Q/P», l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”;
-infine, l’art. 6 ha disposto che “Sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera «Q», compresa quella speciale riservata agli italiani residenti all’estero, maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie «Q»”.
4.1 Il contenzioso tra risparmiatori e Poste Italiane: l’emissione di buoni di precedenti serie con l’applicazione di un timbro recante i nuovi tassi d’interesse della serie Q dal 1° al 20° anno.
A causa dell’infelice prassi adottata dagli uffici postali, i quali hanno offerto in sottoscrizione ai risparmiatori buoni postali stampati sotto la vigenza di emissioni precedenti, in molteplici casi di sottoscrizioni di BFP avvenute soprattutto negli anni ‘80-’90 si è riscontrata una divergenza, per quanto attiene alla misura dei rendimenti e ai termini per l’esercizio del diritto al rimborso, tra le indicazioni contenute sul retro del titolo e la disciplina ministeriale della specifica emissione.
Le divergenze sulla misura dei rendimenti riguardano soprattutto il caso dei cosiddetti buoni serie Q/P.
Gli uffici postali, a partire dall’01.07.86, hanno rilasciato BFP delle precedenti serie (O, P, P O) con una doppia timbratura:
– nella parte fronte del BFP un timbro recante “serie Q/P”;
– nella parte retro del BFP un altro timbro recante “serie Q/P” con l’indicazione dei nuovi interessi della serie Q.
Tale ultima operazione è stata connotata da un grave errore di Poste Italiane che, contrariamente a quanto prescritto dal citato art. 5, c.2, D.M. Tesoro 13.06.86, ha inteso apporre un timbro che ha modificato i soli primi 4 scaglioni di detenzione, relativi al periodo dal 1° al 20° anno. In pratica, gli uffici postali hanno apposto sul retro dei buoni delle precedenti serie un timbro recante “serie Q/P ai seguenti tassi:
– 8% fino al 5° anno;
– 9% dal 6° al 10° anno;
– 10,50% dall’11° al 15° anno;
– 12% dal 16° al 20° anno”.
Nessuna modifica è stata inserita per il quinto ed ultimo scaglione di detenzione, corrispondente al periodo 21°-30° anno, ovvero all’ultimo decennio di vita del BFP, che è poi quello maggiormente remunerativo.
Classico caso di BFP emesso dopo l’01.07.86 su modulo serie P con timbro Q/P.
Esistono poi casistiche simili, ma decisamente più rare. Si fa riferimento in particolare ai seguenti casi:
– BFP emessi su moduli della serie P a partire dall’01.07.86 senza alcun timbro modificativo dei tassi, o con unico timbro a tergo recante “i tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge … ”. Trattasi del cd. caso di “omessa conversione dei titoli”;
Classica ipotesi di BFP emesso dopo l’01.07.86 su modulo serie P senza apposizione dei timbri Q/P recanti gli interessi della serie “Q”.
– BFP emessi su moduli della serie O o della serie P O a partire dall’01.07.86 con un’unica timbratura (P O) o con doppia timbratura a tergo (P O e Q P).
I casi sopra analizzati presentano, comunque, un comune denominatore: l’omessa incorporazione nei titoli del nuovo tasso d’interesse della serie Q per il periodo 21°-30° anno, ovvero per l’ultimo decennio di vita dei BFP.
E’ per tale ragione che, a fronte della liquidazione di tali buoni da parte di Poste Italiane secondo le condizioni previste dalla serie Q anche per l’ultimo scaglione di detenzione (21°-30° anno), molti risparmiatori si sono sentiti traditi ed ingannati attivandosi per chiedere il riconoscimento dell’integrazione, ovvero della differenza esistente tra quanto indicato per l’ultimo decennio sui titoli (“più lire … per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30° anno successivo a quello di emissione”) e quanto liquidato da Poste Italiane (ovvero l’interesse semplice al tasso del 12% ricavato dal montante netto maturato al 20° anno).
La questione non è affatto di poco conto: nell’ultimo esempio che precede (riproduzione b.f.p. serie O di £.5.000.000) l’integrazione di cui si parla è infatti notevole laddove si consideri che, per il solo ultimo decennio (21°-30°anno), è dovuta una differenza in favore del risparmiatore pari all’importo netto di circa euro 35.000.
In definitiva, la mancata incorporazione dei nuovi interessi della serie Q per il periodo 21°-30° anno nel testo dei BFP emessi a partire dall’01.07.86 su moduli di precedenti serie , ha dato luogo negli ultimi anni ad un notevole contenzioso che vede contrapposti da un lato i risparmiatori, animati dal legittimo affidamento maturato che trova tutela nell’art. 47 Costituzione, e dall’altro Poste Italiane che sostiene il proprio corretto operato.
4.2 Procedura presso l’Arbitro Bancario Finanziario.
L’ABF è stato istituito nel 2009 in attuazione dell’articolo 128-bis del (TUB), introdotto dalla legge sul risparmio (L. n. 262/2005). Si tratta di un organismo indipendente e imparziale nei compiti e nelle decisioni, sostenuto nel suo funzionamento dalla Banca d’Italia, ovvero di un sistema di risoluzione alternativa delle controversie (cd. ADR – Alternative Dispute Resolution) che possono sorgere tra i clienti e le banche e gli altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari. Le decisioni dell’ABF non sono vincolanti come quelle del giudice ma, se l’intermediario non le rispetta, la notizia del loro inadempimento è resa pubblica per un periodo di 5 anni. Dopo una decisione dell’ABF, la parte interessata può comunque ricorrere al giudice ordinario. Il cliente può ricorrere all’ABF solo dopo aver cercato di risolvere la controversia inviando un reclamo scritto all’intermediario e, comunque, una volta decorsi 60 giorni dall’invio di tale reclamo. L’ABF si articola sul territorio nazionale in sette Collegi: Bari, Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino. In ciascun Collegio l’Organo decidente è composto da cinque membri: il Presidente e due membri sono scelti dalla Banca d’Italia; un membro è designato dalle associazioni degli intermediari; un membro è designato dalle associazioni che rappresentano i clienti (imprese e consumatori). Nel 2019 i ricorsi ricevuti dall’ABF sono stati 22.059 e le decisioni dei Collegi Territoriali hanno riguardato 27.346 ricorsi. Sulla base dei dati pubblicati sul sito dell’ABF il tasso di inadempimento degli intermediari alle decisioni dell’ABF del 2019 risulta inferiore all’1%. Nei casi in cui, dopo la procedura arbitrale, le parti hanno deciso di rivolgersi alla giustizia ordinaria, l’orientamento dell’ABF è stato confermato nell’83% dei casi (si veda relazione ABF 2019 al seguente link ).
In ambito di BFP ordinari, e più precisamente dei buoni serie P con timbro Q/P, l’ABF, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, ha un orientamento favorevole ai risparmiatori riassumibile nel principio secondo cui “le indicazioni presenti sul titolo sottoscritto prevalgono sulle determinazioni ministeriali precedenti all’emissione”. Difatti, è stato più volte affermato che la promissio fatta al risparmiatore in occasione dell’offerta e della sottoscrizione del titolo non può divergere ab origine dalla diversa previsione di cui al D.M. già in vigore, dovendo dunque escludersi che “le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga possano essere invece, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto stesso della sottoscrizione del buono”.
4.3 Inadempimento di Poste Italiane alle decisioni dell’ABF.
Nell’anno 2020, per lo più a partire dalla seconda decade del mese di maggio, Poste Italiane ha improvvisamente deciso di non adempiere alle decisioni dell’ABF favorevoli ai risparmiatori in materia di BFP.
Ciò comporta, a livello statistico, che a fine 2020 saranno certamente superiori a 1000 i casi in cui Poste Italiane non adempie a decisioni in questa materia. L’operato di Poste Italiane è destinato a minare la fiducia accordatale dai risparmiatori. Allo stesso tempo, è destinato a minare quella fiducia e credibilità che l’organismo che opera sotto l’egida della Banca d’Italia si è conquistato faticosamente negli anni.
Da un altro punto di vista, gli inadempimenti di Poste Italiane spostano inevitabilmente la “partita” BFP su altro terreno che è quello della giustizia ordinaria. E’ difatti certo un notevole aumento del contenzioso ordinario in questa materia destinato a gravare sulle spalle dei palazzi di giustizia nostrani.
E’ dunque auspicabile, almeno a parere di chi scrive, che la nuova policy di Poste Italiane di non adempiere alle decisioni in materia di BFP, principiata dopo il lockdown, cessi quanto prima per ripristinare la fiducia dei risparmiatori tanto nei confronti di Poste Italiane quanto nei confronti dell’ABF.
Dati contatto: