Prima del forfettario c’erano i minimi. Non è solo l’aliquota al 15% la differenza. In un certo senso il nuovo regime per le partite IVA agevolate ha imposto un cambio di prospettiva.
Regime forfettario, quando fatturare poco rischia di diventare una scelta
Una volta i minimi erano gli autonomi non strutturati. Persone con partita IVA aperta come secondo lavoro o per un guadagno extra, non strutturato in attività di impresa. O almeno in prevalenza era così. Anche i requisiti anagrafici spingevano a considerare il regime dei minimi ad appannaggio di chi muoveva i primi passi come lavoratore freelance.
Il regime forfettario si limita a prevedere la soglia massima di incassi entro la quale si ha diritto alla tassazione agevolata. Questo comporta una distorsione della ratio del regime così come era stato pensato quando nacquero i minimi. Lo ha spiegato nel suo recente intervento Giuseppe Pisauro, Presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB):
Tale regime, a differenza dei precedenti, minimi e forfettari non si configura come un’agevolazione a soggetti con attività professionale o di impresa marginale e non strutturata, ma come una vera e propria detassazione che riguarda il 60% dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali e questo crea iniquità
Questo approccio rischia di costituire un freno per la produttività e la crescita del Paese incentivando le imprese a fatturare meno per non superare i 65 mila euro.
Cosa cambia per le partite IVA con il governo Draghi: a rischio il forfettario?
Premettiamo che sul punto il neo Presidente del Consiglio incaricato non si è sbilanciato. Non ci sono dunque, almeno ad oggi, fonti ufficiali sulle misure al vaglio per le partite IVA nel 2021, né per quelle ordinarie né per quelle agevolate. Alcuni scenari possono però essere ipotizzati partendo dalle dichiarazioni in merito alle tasse progressive e alla riforma delle aliquote Irpef.
A ben vedere, infatti, il concetto di progressività è in posizione diametralmente opposta a quello di flat tax al 15% per i forfettari.
La proposta potrebbe essere quella di prevedere un doppio canale di tassazione per le partite IVA:
- un’imposta con aliquota unica del 24% per il reddito da attività d’impresa
- e un sistema ad aliquote Irpef progressive per la parcella del professionista o dell’imprenditore.
Non si tratta, ad oggi, di cambiamenti certi. Anzi il fatto che neppure Conte, che avrebbe avuto tempo per farlo, sia intervenuto sulle partite IVA del regime agevolato, (se non inserendo qualche paletto aggiuntivo nei requisiti di accesso) lascia da un lato pensare che non saranno tra le priorità. Se fosse diversamente la Lega, dopo la bocciatura della flat tax, si troverebbe a dover spiegare ai suoi elettori anche l’eventuale abolizione del forfettario al 15%. Se Draghi decidesse di intervenire sulle partite IVA forfettarie potrebbe quindi farlo in modo non drastico, cercando un’intesa con la Lega. L’obiettivo sarebbe quello di rendere il regime più progressivo ed equo.