L’Italia ha perso l’8,8 punti percentuali di PIL nel 2020, devastata dalla pandemia. L’economia nell’Eurozona è andata mediamente meno peggio, contenendo le perdite al 6,8%. Continuiamo, quindi, ad arretrare nel confronto con il resto dell’unione monetaria. E già prima del Covid avevamo perso parecchio terreno, specie nell’ultimo decennio. Dal 2000 al 2019, cioè nei primi 20 anni del nuovo millennio, l’Italia è cresciuta complessivamente solo del 7,9%, alla media di neppure lo 0,4% all’anno. Una stagnazione pressoché totale, che si confronta con una crescita cumulata dell’Eurozona del 30,4%, pari alla media annua dell’1,34%.
Se, poi, teniamo conto del dato riferito al 2020, il PIL italiano da inizio 2000 risulta contrattosi dell’1,6% in termini reali, mentre quello dell’Eurozona è salito del 21,5%. A questo punto servirà agganciare la ripresa il prima possibile. Purtroppo, l’esperienza dell’ultima crisi non depone a favore di una visione ottimistica. Se l’Eurozona nel suo complesso aveva recuperato le perdite nel corso del 2015, l’Italia si presentava alla fine del 2019 con un livello del PIL inferiore del 4% a quello del 2007.
La estrema lentezza con cui siamo cresciuti dopo la recessione globale di ormai 12-13 anni fa ha avuto conseguenze deleterie per la nostra economia. A fine 2019, il PIL pro-capite nel nostro Paese risultava di 29.660 euro, ben al di sotto dei 34.820 euro in media nell’area. A questo punto, immagiamo di essere cresciuti dal 2000 a prima della pandemia agli stessi ritmi dell’Eurozona. Quale sarebbe stata la nostra situazione? Il PIL pro-capite italiano sarebbe risultato prima della pandemia di poco inferiore ai 34.000 euro, incidendo per circa l’82% di quello tedesco, oltre il 94% di quello francese e il 97,5% della media Euro. Invece, ci ritroviamo con una percentuale del 71,5% rispetto alla Germania, dell’82,5% rispetto alla Francia e dell’85,2% rispetto all’Eurozona.
L’economia italiana non è in crisi, ma in depressione: fermi da 20 anni e industria KO
Più entrate e meno debito pubblico
In valore assoluto, avremmo 4.280 euro in più ogni anno a testa.
Un’inflazione ai livelli medi dell’area avrebbe abbassato ulteriormente il rapporto debito/PIL a poco più del 100%. E sempre escludendo il miglioramento dei conti pubblici per effetto delle più alte entrate fiscali e delle presumibili minori spese dello stato. Insomma, saremmo nelle condizioni più o meno della Francia. Non benissimo, ma molto meglio dell’incubo in cui siamo piombati da anni. Probabilmente, non avremmo conosciuto alcuna crisi dello spread o questa semmai sarebbe durata poco. Invece, siamo finiti in un tunnel caratterizzato dal circolo vizioso tra alto debito, alti rendimenti, bassa crescita e austerità fiscale. O riusciamo a svoltare dopo la pandemia o rischiamo di concludere questo decennio con un PIL reale inferiore ai livelli del 2007, cioè avremo trascorso più di un ventennio senza crescita e un trentennio in assoluta stagnazione.