Se siete investitori incalliti sui mercati finanziari avrete sentito sicuramente parlare di obbligazioni sovranazionali, sicure e al contempo poco appetibili proprio per questo. In effetti, a bassi rischi corrispondo bassi rendimenti. Ma non è sempre così, almeno non se facciamo riferimento al rischio di credito o emittente. La Banca Mondiale è uno degli organismi internazionali più prolifici sui mercati dei bond. Questa settimana, ha emesso nuove obbligazioni in dollari neozelandesi (NZD).
La raccolta è stata di 1 miliardo di dollari “kiwi”, pari a poco meno di 600 milioni di euro.
Le obbligazioni sicure della Banca Mondiale scadono in data 10 maggio 2028, per cui presentano una durata residua di 7 anni. E offrono cedola annuale dell’1,625%. Sono state collocate sul mercato a un prezzo di 99,625077 centesimi, che corrisponde a un rendimento alla scadenza dell’1,682% (ISIN: NZIBDDT018C3). Il taglio minimo acquistabile è di soli 1.000 NDZ, cioè di quasi 600 euro.
Obbligazioni sicure, ma non troppo
Dicevamo, si tratta di obbligazioni sicure. E questo per il semplice fatto che la Banca Mondiale è considerato un emittente solidissimo, tanto che gli viene assegnato il massimo rating da parte di tutte le agenzie internazionali (AAA/Aaa). In effetti, l’organismo nato nel 1944 a Bretton Woods raccoglie denaro per conto dei 189 stati che ne fanno parte. Il rischio d’insolvenza è fuori discussione. Ma allora, perché il bond a 7 anni rende così tanto? E’ chiaro che acquistandolo ci s’imbatte in un rischio di cambio.
Il dollaro neozelandese potrebbe deprezzarsi da qui alla scadenza o alla previa data di disinvestimento contro l’euro. A quel punto, ci ritroveremmo in possesso di obbligazioni sicure, ma dal capitale deprezzatosi.
La Reserve Bank of New Zealand dovrebbe, quindi, anticipare l’avvio della stretta monetaria rispetto a gran parte del pianeta. E questo scenario appare di sostegno al dollaro neozelandese. Dunque, in previsioni ci sarebbero buone probabilità che il cambio remi a favore dell’obbligazionista nei prossimi mesi. Tuttavia, il rischio esiste e non è possibile prevederlo da qui ai prossimi 7 anni. Del resto, non esistono pasti gratis.