L’Oman ha affidato a un consorzio di banche internazionali il mandato di collocare sui mercati un nuovo bond in dollari del tipo “Sukuk”. Si tratta di obbligazioni compatibili con la Sharia, la legge islamica che vieta di prestare denaro dietro interessi. Si occuperanno dell’operazione Citigroup, Gulf International Bank, HSBC, Standard Chartered Bank, Bank ABC e Bank Muscat.
La call con gli investitori è già in corso nella giornata di oggi. Quella odierna è la seconda emissione internazionale quest’anno, dopo i 3,25 miliardi di dollari raccolti a gennaio.
L’Oman è retto dal gennaio dello scorso anno dal nuovo emiro Haitham bin Tariq. Questi ha ereditato una situazione fiscale abbastanza delicata già prima del Covid. Il debito pubblico dovrebbe salire quest’anno sopra il 70% del PIL e tendere al 75% entro il 2025. Tuttavia, non tutto sta andando per il verso sbagliato. Nel 2019, all’emirato servivano quotazioni del petrolio a 93 dollari al barile per centrare il pareggio di bilancio. Quest’anno, appena sotto 80.
Il nuovo sultanato ha subito intrapreso alcune azioni volte a risanare i conti pubblici, allentando la dipendenza dal greggio. Tra l’altro, sono stati tagliati gli stipendi pubblici, i sussidi ed è prevista l’introduzione di un’imposta sui redditi, un unicum nel Golfo Persico. Ciò ha portato a proteste nelle ultime settimane, specie tra quanti lamentano un elevato tasso di disoccupazione. E sono eventi rari da queste parti, segno che probabilmente il sultano non possa spingere più di tanto sulle riforme economiche, rischiano una crisi del consenso.
Il deficit dell’Oman è stimato per il 2021 al 6,1% e per il 2022 al 5% da Fitch. Proprio in virtù della forte risalita delle quotazioni petrolifere e della caccia alle “high yield”, quest’anno i bond dell’Oman in dollari hanno registrato una performance superiore a quella dei concorrenti dell’area. Ma non tutte le scadenze se ne sono giovate: il titolo 17 gennaio 2048 e cedola 6,75% è sceso, pur di poco, sotto la pari. Attualmente, offre circa il 6,80%, qualcosa come più di 455 punti base sopra il Treasury trentennale. Uno spread che si spiega proprio con l’alto rischio di credito teorico assunto investendo nel debito omanita.