La Federal Reserve ha mantenuto i tassi invariati e non ha modificato neppure gli acquisti di bond, ma prospetta adesso un rialzo dei tassi più veloce. Undici dei suoi diciotto funzionari prevedono almeno una stretta monetaria entro il 2023 (dai sette del board precedente), mentre ben sette se ne aspettano un paio per allora. In teoria, una brutta notizia per i futuri titolari di mutuo a tasso fisso. Dovranno pagare interessi più alti alle banche per comprare casa. Ed è probabile che gli stessi prezzi degli immobili salgano.
Questo è vero, ma il discorso cambia per chi ha già sottoscritto un mutuo a tasso fisso. Un anno fa, le migliori soluzioni a 20 anni in Italia proponevano un TAN in area 0,90%. Oggi, risulta salito a circa l’1,20%. Nel frattempo, l’inflazione è passata dal -0,2% all’1,3%. Ai tassi più bassi di un anno fa, un finanziamento ventennale di 100.000 euro sarebbe costato nell’arco di tutto il tempo poco più di 9.300 euro (altri costi esclusi), oltre chiaramente all’esborso del capitale. Attualmente, invece, il costo risulterebbe lievitato a 12.500 euro.
Ebbene, calcolando un tasso d’inflazione medio dell’1,3%, cioè il dato di maggio, il costo del mutuo sarà costantemente più basso della perdita del potere di acquisto. Immaginando di restituire i 100.000 euro tra 20 anni in un’unica soluzione, questi varrebbero quanto circa 77.240 euro di oggi. E’ chiaro che ad averci perso saranno state le banche, le quali ci hanno prestato il denaro a tassi inferiori a quelli dell’inflazione futura. In altre parole, hanno sottostimato la crescita dei prezzi. Un affare per i titolari di mutuo a tasso fisso, che si ritroveranno a restituire gradualmente un capitale deprezzato più del cost sostenuto per prenderlo in prestito.
Ma i vantaggi non si estenderanno ai futuri sottoscrittori di un qualsiasi finanziamento. La veloce reflazione in corso spingerà certamente gli istituti di credito a rivedere le condizioni offerte, alzando i tassi per scontare l’accelerazione nella crescita dei prezzi al consumo.
In generale, comunque, resta valido che i sottoscrittori dei mutui a tasso fisso fino ad oggi saranno avvantaggiati nei confronti delle banche, avendo potuto spuntare costi inferiori all’inflazione. E più questa sarà alta nel medio-lungo termine, maggiori i benefici goduti. Le banche si rifaranno sui futuri sottoscrittori, ai quali sarà fatto ricadere il peso delle nuove aspettative macro. Quanto ai mutui a tasso variabile, chiaramente ne risentiranno, ma dopo anni di costi ai minimi storici. E, comunque, l’accomodamento monetario garantito dalla BCE da qui al medio-lungo termine arginerebbe il rischio di drastici rialzi dei tassi per i contratti in essere. Anzi, probabile che questi rimarranno al di sotto dei tassi d’inflazione anche da qui a qualche anno ancora.