Smart working e occupazione, la minaccia dei Paesi emergenti

Lo smart working consente assunzioni di figure professionali a basso costo da Paesi emergenti. A rischio l’occupazione nazionale.
3 anni fa
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La pandemia ha dato un notevole impulso allo smart working. Quando tutto tornerà alla normalità è probabile che il lavoro a distanza mediante l’utilizzo di strumenti informatici possa diventare la regola predominante.

Ne trarrà sicuramente beneficio l’occupazione, ma anche le aziende che grazie allo smart working saranno in grado di reperire figure professionali su vasta scala. L’abbattimento delle barriere fisiche consentirà di poter reclutare il personale anche oltre i confini nazionali.

Smart working e Paesi Emergenti

Questo significa che, approfittando del cambiamento culturale in atto, molti datori di lavoro potrebbero assumere talenti in modalità smart working nei paesi emergenti, riducendo il costo del lavoro.

I sindacati sono preoccupati poiché tale prospettiva rischia di gravare sull’occupazione nazionale. Si stima, infatti, che il numero totale di posti di lavoro in smart working nelle economie sviluppate si aggira intorno ai 160 milioni. Mentre il numero di lavoratori a distanza potenziali nelle economie a basso e medio reddito si avvicina ai 330 milioni.

Domanda e offerta potrebbero incrociarsi facilmente a distanza bypassando Centri per l’Impiego e agenzie per il lavoro sul territorio nazionale. Le imprese naturalmente ne trarrebbero notevoli vantaggi risparmiando sui costi.

Il lavoro a distanza costa meno

Sorprese dalla produttività dei propri dipendenti in smart working, le imprese sono sempre più attratte dall’idea di una manodopera virtuale parzialmente globalizzata. Oltreoceano, negli USA, ad esempio, dove il mercato del lavoro è più dinamico, la percentuale di aziende disposte ad assumere lavoratori con sede all’estero è aumentata al 36%, contro il 12% prima della pandemia.

Naturalmente questo è possibile solo laddove l’azienda basa il proprio business sui servizi. E che può permettersi di reclutare manodopera a basso costo col lavoro agile.

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, solamente il 13% degli impieghi nei paesi emergenti potrebbero essere svolti in smart working, contro il 27% nei paesi ad alto reddito.

Questo non significa che tutte le tipologie di lavoro possono essere virtualmente delocalizzate. Alcuni Paesi emergenti hanno maggiore capacità nell’attrarre gli investimenti associati alla delocalizzazione

Così, per continuare a ottenere un vantaggio economico, le imprese saranno tentate di ricorrere allo smart working verso Paesi dove il costo della manodopera è più basso, come è accaduto in passato per i servizi IT o i call center.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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