C’è l’accordo sul petrolio, ecco cosa succede alle quotazioni del Brent

Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto un'intesa per sbloccare l'impasse sull'aumento della produzione di greggio dopo una lunga diatriba
3 anni fa
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Trovato l'accordo sul petrolio

Dopo settimane di battaglia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno finalmente trovato un accordo sul petrolio. A inizio mese, l’OPEC+ aveva ottenuto un nulla di fatto alla riunione per decidere sull’aumento della produzione e sull’estensione del tagli dall’aprile al dicembre 2022. Nella primavera del 2020, gli stati appartenenti al cartello e alcuni alleati esterni, tra cui la Russia, avevano concordato di ridurre complessivamente l’offerta di greggio di quasi 10 milioni di barili al giorno per reagire al collasso della domanda causato dalla pandemia.

Ad oggi, i livelli di produzione sono rimasti di 5,8 milioni di barili al giorno più bassi rispetto al periodo pre-Covid. Stando all’accordo sul petrolio, da agosto a dicembre la produzione salirebbe di altri 2 milioni di barili al giorno. In compenso, il piano verrà esteso di 8 mesi a tutto il 2022. Ma Dubai aveva richiesto di ottenere l’innalzamento della soglia di base su cui calcolare i tagli a 3,8 milioni di barili al giorno dai 3,17 milioni. Ieri, la trattativa con Riad ha esitato un’intesa a 3,65 milioni.

Accordo sul petrolio e quotazioni sempre alte

Di fatto, sarà consentito all’emirato di produrre di più. Non è ancora dato sapere se simili concessioni saranno ottenute dagli altri partner dell’OPEC+. Il timore dei sauditi era proprio questo, ovvero che uno ad uno tutti gli stati del cartello pretendessero lo stesso trattamento di favore di Dubai, finendo per mandare in fumo l’accordo sul petrolio di un anno fa. Alla notizia, le quotazioni del Brent sono inizialmente scese di circa 1 dollaro al barile a 75,66 dollari. Successivamente, però, si sono mantenute ai livelli di apertura della seduta, cioè sopra i 76 dollari, ai massimi da settembre 2018.

In effetti, l’accordo sul petrolio appena raggiunto non modifica sostanzialmente le condizioni del mercato globale. La risalita della produzione procederà di pari passo all’aumento della domanda.

E i tagli rischiano adesso di rimanere in auge più a lungo di quanto non sia opportuno. L’unica seria minaccia alle quotazioni arriverebbe dalle compagnie americane, nel caso tornassero ad estrarre più barili per approfittare dei rialzi di prezzo. A quel punto, Russia e OPEC vorrebbero evitare di perdere quote di mercato, specie in Asia, a favore della concorrenza USA e soddisferebbero una maggiore quantità di domanda.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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