Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, vuole trovare il modo per aumentare gli assegni per le pensioni degli operai. Per farlo, propone di agire sul cosiddetto coefficiente di trasformazione, che come vedremo in seguito è un meccanismo studiato per determinare l’importo della pensione sulla base del montante, per la parte relativa al metodo contributivo.
L’idea di Tridico parte da una considerazione: ad oggi, i pensionati più poveri pagano le pensioni a quelli più ricchi. In che senso? Mediamente, chi svolge lavori qualificati e percepisce generalmente redditi e pensioni future più alti, vive 3 anni in più di chi svolge lavori non qualificati e percepisce, quindi, redditi e pensioni future più bassi.
Con il metodo contributivo, un lavoratore percepirà un assegno determinato dai versamenti accumulati fino alla data del pensionamento. A questo montante viene applicato un coefficiente di trasformazione sulla base dell’età anagrafica e uguale per tutti. Ad esempio, nel 2021-’22 un lavoratore che scelga di andare in pensione a 67 anni riceverà un assegno lordo annuale pari al 5,575% dei contributi accumulati e annualmente rivalutati. Se andasse in pensione a 62 anni, l’assegno lordo annuale scenderebbe al 4,77% di tale montante.
Pensioni INPS differenti tra operai e impiegati?
Questo è il motivo, ad esempio, per cui i beneficiari di quota 100 si vedono decurtato parte dell’assegno. E’ conseguenza del fatto che andranno in pensione con qualche anno di anticipo rispetto all’età ufficiale. Secondo Tridico, alla luce di quanto emerso dai dati sull’aspettativa di vita, sarebbe opportuno correggere tale “stortura” differenziando i coefficienti di trasformazione tra lavoratori non qualificati e qualificati. Ai primi verrebbe concesso, a parità di età e montante, di andare in pensione con un importo più elevato, dato che statisticamente vivrebbero qualche anno in meno.
Il coefficiente di trasformazione, in effetti, è tarato proprio sull’aspettativa di vita. Obiettivamente, risulta difficile immaginare che le pensioni INPS saranno differenziate sulla base della tipologia lavorativa. Forse, una soluzione alternativa più pratica sarebbe di riconoscere per ogni anno di lavoro manuale svolto tot settimane valide per andare in quiescenza con anticipo rispetto all’età ufficiale. Ad ogni modo, il dibattito aperto dall’ente previdenziale si mostra interessante e anche molto pernicioso sul piano politico e sindacale. Restano, tuttavia, le criticità legate all’immediata individuazione dei lavori effettivamente poco qualificati. La distinzione classica del passato tra ruoli manuali e intellettuali è venuta parzialmente meno con la terziarizzazione delle economie.