Delocalizzare la produzione all’estero sarà più difficile e, forse, meno conveniente. Sta prendendo corpo il decreto legge anti-delocalizzazioni e chiusure per impedire alle imprese italiane di chiudere stabilimenti in Italia.
Un provvedimento evocato da anni a cui non si è mai giunti in concreto. Forse ora è la volta buona. La bozza di decreto a cui stanno lavorando il ministro del Lavoro Orlando e la vice ministra allo Sviluppo Economico Todde prevede sanzioni e disincentivi.
In arrivo il decreto anti delocalizzazioni
In concreto la legge non impedisce alle aziende di delocalizzare la produzione all’estero per sfruttare condizioni fiscali migliori o manodopera a basso costo.
Le imprese in crisi che intendono chiudere e licenziare (vedi recente caso Whirlpool) dovranno quindi seguire dei percorsi a tutela dell’occupazione prima di fermare la produzione. E’ previsto un obbligo informativo e un piano economico di ammortizzazione degli impatti economici per 3 anni.
Il decreto si rivolgerà a imprese con un numero di addetti pari o superiore a 50 unità per le quali l’impatto sociale è considerato rilevante in caso di chiusura. Per queste situazioni è previsto un “periodo di allerta” di almeno 6 mesi.
Le sanzioni
Qualora le aziende non ottemperassero a questo obbligo andranno incontro a sanzioni. Multe che possono arrivare fino al 2% del fatturato se l’impresa chiude i battenti con l’intenzione di delocalizzare, dopo aver fruito di incentivi statali o aiuti economici e ammortizzatori sociali.
Seguirà l’inserimento della stessa azienda in una black list che impedirà all’azienda di accedere a futuri incentivi e finanziamenti pubblici. Spiega Todde:
“il nostro obiettivo non è colpire le ristrutturazioni tout court. Non vogliamo colpevolizzare chi fa turnaround perché deve passare a modelli produttivi diversi, non abbiamo di certo in testa imprese che vivano di sussidi.
La competitività è l’obiettivo, ma atteggiamenti puramente speculativi non sono più accettabili. Chi non è in crisi e vuole tagliare, può farlo. Ma dovrà seguire un percorso ordinato, che coinvolga le parti sociali e favorisca l’arrivo di nuovi imprenditori”.
Va da sé che le delocalizzazioni non saranno più all’acqua di rose. Le ricadute occupazionali su scelte aziendali opportunistiche non saranno più ammesse e, tanto più grande sarà l’azienda, tanto maggiore sarà la sanzione.