Sui prelievi da conto corrente postale o bancario, qual è la tempistica che fa insospettire il Fisco? Perché il tenore di vita di un contribuente si basa anche sulla frequenza dei suoi movimenti finanziari. Ma anche sulla tempistica e sulla ricorrenza degli importi.
Per esempio, sui prelievi da conto corrente postale o bancario, un cittadino che sistematicamente preleva 1.000 euro il primo del mese, o comunque nei primissimi giorni, perché lo fa? Di certo non per comprare la frutta. Ragion per cui, nel vederci chiaro, il Fisco potrebbe ipotizzare, per esempio, che sotto ci sta il pagamento di un canone di locazione in nero.
Prelievi da conto corrente postale o bancario, qual è la tempistica che fa insospettire il Fisco?
Il Fisco si può insospettire per la tempistica ricorrente, come sopra spiegato. Ma può ipotizzare potenziali comportamenti evasivi pure quando i prelievi da conto corrente postale o bancario sono sporadici.
Per esempio quando sul conto, poco movimentato per settimane, si effettuano i prelievi di contante che sono di importo rilevante. Per esempio, avendo la giacenza, se si va in banca per chiedere 5.000 euro in contanti dal proprio conto l’istituto di credito di certo non si opporrà. Inoltre, per la normativa sull’antiriciclaggio, sopra i 10.000 euro di prelievi da conto corrente postale o bancario in un mese, anche a piccole dosi, la segnalazione scatterà sempre. Ovverosia, in automatico.
Cosa succede se si prelevano più di 10.000 euro al mese?
La banca non si può opporre al prelievo di denaro del proprio conto. Qualunque sia l’importo se c’è giacenza. Quindi, per i prelievi da conto corrente postale o bancario non c’è un limite. Se non quello dato dalla disponibilità corrente. Ma sopra i 10.000 euro, come sopra accennato, la banca invierà una segnalazione alla direzione centrale dell’istituto di credito.
Che poi valuterà se procedere con la segnalazione di operazione sospetta.