Tutto è iniziato con l’agenzia di rating CCXI, che nei giorni scorsi ha declassato i bond di Evergrande ad AA da AAA. Come risposta, CSDC, l’authority controllata da Borsa di Shanghai e Borsa di Shenzen, ha azzerato il tasso di conversione del bond con scadenza luglio 2022 e cedola 6,98% della società. La reazione dei mercati è stata immediata: crollo delle obbligazioni cinesi del comparto immobiliare.
L’azzeramento del tasso di conversione di fatto priva Evergrande della leva finanziaria. Di fatto, tale titolo non potrà più essere usato come collaterale di garanzia.
Obbligazioni cinesi a rischio default
Cosa sta succedendo di preciso? Da mesi, Evergrande è al centro delle attenzioni degli investitori a causa della crisi di liquidità che la attanaglia e che rischia di provocarne il default. Tuttavia, il mercato aveva sperato fino a venerdì scorso nell’intervento dello stato per evitare il crac. Non solo non sta arrivando, ma anzi le autorità pubbliche stanno girando il coltello nella piaga. I prezzi delle obbligazioni Evergrande stanno implodendo: la scadenza aprile 2022 vale ormai meno di 29 centesimi e offre un rendimento di quasi il 620%. Un altro titolo, in scadenza nel marzo 2022, sta rendendo più del 760%.
Anche le azioni Evergrande sono collassate, segnando -75% da inizio anno. Ma il mercato teme il contagio per le obbligazioni cinesi di tutto il comparto. Le avvisaglie ci sono già. I titoli di Ghangzhou R&F sono scesi a una sessantina di centesimi, mentre quelli di Fantasia Group in scadenza a fine anno valgono appena 78 centesimi. Più in generale, le obbligazioni cinesi ad alto rendimento offrono la media di ben il 13%.
Sarà default? E con quali conseguenze? Il timore di una nuova Lehman Brothers appaiono certamente esagerati. Peraltro, se lo stato cinese ha deciso che Evergrande non andrà salvata, ovviamente avrà un rimedio pronto per evitare il contagio ed è preparato ad affrontare le problematiche che ne scaturirebbero. Probabile, invece, che l’eventuale default controllato sia un messaggio lanciato al mercato, affinché torni ad imperare la disciplina e si evitino investimenti speculativi che confidino eccessivamente nelle capacità salvifiche del governo. La fine di un’era, non necessariamente un male.