Cosa succede se ho Bitcoin in portafoglio? Dovrò dichiararli al Fisco? E ci pagherò le tasse? Le “criptovalute” non sono riconosciute praticamente in quasi alcuno stato al mondo, ad eccezione di El Salvador, dove Bitcoin è stato imposto come valuta legale a partire dal 7 settembre scorso. E questo pone problemi proprio in ordine alla tassazione dei Bitcoin in Italia, dato che lo stato italiano non li riconosce ancora formalmente.
Per prima cosa, dobbiamo sapere che investire in “criptovalute” significa nel concreto aprire un wallet presso una piattaforma exchange che tratti questo asset.
Tassazione Bitcoin per persone fisiche
Per le persone fisiche, il discorso cambia parzialmente. Anzitutto, una cosa sarà avere investito attraverso una piattaforma di trading con sede fiscale in Italia, un’altra con una piattaforma con sede fiscale all’estero. In questo secondo caso, anche il solo possesso di Bitcoin deve essere denunciato in sede di dichiarazione dei redditi nel Quadro RW. Attenzione: l’indicazione non equivale anche all’eventuale pagamento delle imposte. Ciò è dovuto solo in relazione ad operazioni di tipo speculativo, che ai sensi del T.U.I.R. approvato con D.P.R. n.917 del 22 dicembre 1986, scattano quando si rivende un asset prelevato da un wallet con giacenza media per oltre 7 giorni lavorativi pari ad almeno 51.645,69 euro nel periodo d’imposta.
Nel caso specifico, c’è il dubbio che per giorni lavorativi s’intendano anche sabato e domenica, dato che le piattaforme exchange sono attive tutti i giorni della settimana e h24.
Ad esempio, compro 2 Bitcoin a 30.000 euro ciascuno e li rivendo a 40.000 l’uno. Sto rivendendo di fatto più dei 51.645 euro sopra indicati come soglia-limite, per cui la plusvalenza realizzata e pari a complessivi 20.000 euro è sottoposta a tassazione. Pagherò 5.200 euro, cioè il 26%.