Si torna purtroppo a parlare di inflazione anche in Italia e non solo in Usa. Il Financial Times ha calcolato infatti di recente che fare colazione al bar ad esempio costa il 63% in più rispetto a marzo 2020. Nel nostro paese la situazione non è migliore. L’Istat a ottobre ha calcolato che i prezzi al consumo hanno avuto un altro aumento mentre a novembre hanno raggiunto il massimo da 13 anni a questa parte. Si parla di aumento dello 0,7% su base mensile e del 3% su base annua.
Conto corrente: ecco quanti soldi si perdono per colpa dell’inflazione
Si rischia di perdere denaro se questo si lascia inattivo sul conto corrente. Il rendimento medio di quest’ultimo infatti si aggira intorno allo 0,02% ma poi si devono aggiungere i canoni mensili (nell’eventualità si abbiano) e l’imposta di bollo se il valore medio di giacenza è più alto di 5 mila euro. In più si registrano prezzi di alimenti in continuo aumento anche dell’87% (come il caffè), del 24% (succo di arancia) e del 4,5% (latte).
Il pericolo dell’inflazione però non è realmente sentito dalla collettività che crede che un listino di prezzi non ci sia più e che tutto può essere scontato. Il problema è che l’inflazione può erodere fino ad annullare, i rendimenti sui titoli poco rischiosi. Può inoltre far perdere molti soldi a chi lascia i propri risparmi sul conto corrente. Ad esempio se tenessimo 6 mila euro sul conto corrente dopo 1 anno di inflazione al 5%, il denaro parcheggiato varrebbe 5700 euro. Questo significa che la perdita sarebbe di ben 300 euro anche se sulla home baking della banca si continuerebbe a leggere 6000 euro. Perché? La risposta è che il denaro avrà perso valore in quanto spendendo si potranno acquistare meno prodotti e servizi perché costeranno di più.
Inflazione e conto corrente
Alessandro Foti di Fineco, come sottolinea Ilcorriere.it, comunica ai suoi clienti che ad esempio per del denaro parcheggiato nel 1969 alla fine del decennio si sarebbe perso il 26%. Puntando sulle borse, invece, si sarebbe guadagnato il 20%. Fa poi l’esempio di liquidità lasciata parcheggiata a partire dal 1995 ad oggi. In questo caso oggi ci si ritroverebbe con una perdita del 35% del potere di acquisto (del proprio denaro) con l’indice mondiale delle Borse moltiplicato quasi per 7. Non tutti però percepiscono che l’inflazione colpisce chi ha meno rispetto a chi ha di più ed investe. Si pensa infatti che tale fenomeno sia solo transitorio altrimenti non si lascerebbero soldi depositati sui conti correnti/deposito che molte volte (come detto) hanno anche rendimenti negativi.
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