Lavorare a partita IVA conviene? Ecco le spese che bisogna considerare nell’arco di un anno di apertura

Non è la partita IVA ma l'effettivo dell’attività d’impresa o professionale a portare con con sé il sostenimento di spese fisse
3 anni fa
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Lavorare a partita IVA conviene? Ecco le spese che bisogna considerare

Si avvicina la fine dell’anno 2021 ed è tempo di bilanci e scelte. C’è chi pensa di avviare un’attività lavorativa in proprio e, quindi, di aprire partita IVA il prossimo anno e diverse sono le domande che si pone circa le spese ed i rischi da affrontare.

Avere partita IVA significa essere l’unico responsabile delle proprie scelte imprenditoriali o professionali e del successo della propria attività.

E’, quindi, sempre però bene avere chiaro quali sono le spese che comporta avviare e mantenere la partita IVA.

Diciamo subito che i costi di gestione possono essere di entità diversa a seconda anche del tipo di regime fiscale adottato. Un regime ordinario certamente comporta costi maggiori rispetto ad uno forfettario.

Le spese partita IVA: ecco quelle fisse

Aprire la partita IVA non comporta di per sé costi. Chi ha dimestichezza con la materia e con internet può anche procedere autonomamente senza rivolgersi ad intermediari, risparmiando così l’onorario che quest’ultimo potrebbe chiedere per la pratica di apertura.

E’ l’esercizio effettivo poi dell’attività d’impresa o professionale che porta con sé il sostenimento di spese fisse e ciò indipendentemente dal regime fiscale adottato (vedi anche Partita IVA inattiva, costi e rischi). Si tratta ad esempio di:

  • pagare i contributi INPS fissi sul minimale reddituale (se si è iscritti alla Gestione artigiani e commercianti)
  • versare i contributi alla cassa previdenziale obbligatoria se trattasi di professionisti
  • versare il diritto camerale annuale (se iscritti al Registro imprese)
  • pagare il commercialista per eventuali consulenze e, comunque, per gli adempimenti obbligatori
  • sostenere le normali spese di gestione (utenze, affitto, ecc.)
  • pagare le retribuzioni se ci si avvale di dipendenti e collaboratori.

Aspetti fiscali e contabili

Non bisogna poi tralasciare l’aspetto fiscale. Chi agisce in regime ordinario deve pagare le imposte sul reddito (IRPEF, IRAP, ecc.) e preoccuparsi anche della liquidazione periodica dell’IVA.

Diverso, invece, è il discorso per chi agisce in regime forfettario. Questi, infatti, gode di una tassazione più vantaggiosa sui redditi dell’attività. Paga un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito. L’aliquota applicata è del 15% (che in alcuni casi scende al 5% per i primi 5 anni di attività). Inoltre non applica in fattura né IVA né ritenuta d’acconto.

Chi agisce nel forfettario avrà anche una gestione della contabilità molto più semplificata rispetto a chi è nell’ordinario, essendo esonerati da molti adempimenti. I forfettari non presentano la dichiarazione IRAP, la dichiarazione IVA, non devono liquidare l’IVA, non sono soggetti agli ISA, non devono registrare fatture, ecc.

Dunque, una spesa per il commercialista notevolmente ridotta.

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Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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