Andare in pensione in Italia è diventato un rebus e del doman non v’è cetezza. Mai come in questi ultimi anni si è discusso tanto di riforme, di anticipi, postici, cambiamento delle regole, ecc. Al punto che di anno in anno cambia sempre qualcosa.
A farne le spese sono sempre i lavoratori, costretti a seguire e inseguire i cambi di rotta dei governi. Insomma, regna il caos e la riforma pensioni prevista per il 2023 non promette niente di diverso di quanto finora abbiamo vissuto.
Andare in pensione nel 2023
Il nostro Paese ha uno dei sistemi pensionistici più iniqui e ingiusti al mondo. Non solo per colpa di un elevato debito pubblico, ma anche per manifesta incapacità della classe politica. Inutile ricordare le riforma del passato, da Rumor nel 1973 (baby pensioni), ad Amato nel 1992, a Dini nel 1995 per finire con la Fornero nel 2011.
Tutti personaggi che hanno cercato da sempre di contenere in previsione la spesa pubblica, da quando fu introdotto il sistema a ripartizione nel 1969 (poi abolito nel 1995). Insomma, un guazzabuglio di leggi e deroghe che non fa che rendere iniquo il nostro sistema previdenziale e che crea profonde differenze sociali.
Andare in pensione non è quindi più una certezza. Di anno in anno cambia qualcosa e spesso conviene approfittare delle “opportunità” del momento. Come lo è stato recentemente per quota 100 e lo è adesso per quota 102.
La riforma che verrà
Sperare che le cose migliorino col tempo è pura utopia. La stessa riforma Fornero ci dice che l’età pensionabile, dal 2012, si adegua alla speranza di vita. Fra 20 anni si andrà tutti in pensione a 70 anni con assegni al limite della sopravvivenza.
Tutta colpa delle migliori condizioni di vita? Macché. Colpa del debito pubblico accumulato negli anni e dal crollo demografico. Al punto che l’Inps ha lanciato un pericoloso allarme avvertendo che con soli 23 milioni di lavoratori in Italia sarà impossibile sostenere la spesa pensionistica futura.
Cosa aspettarsi quindi dalla riforma pensioni 2023? Nulla di buono. Il governo punta a tagliare ancora di più le pensioni per le vuole anticipate. Mentre per chi esce con i requisiti ordinari, già si taglieranno da sole col passare del tempo. In automatico.
Nel 2035, quando il sistema di calcolo retributivo delle pensioni sparirà per tutti, si dovranno fare i conti con quanto realmente versato nelle casse pensionistiche. Nella migliore delle ipotesi, il tasso di sostituzione sarà del 50-55% dello stipendio medio.