Il Tesoro ha reso noto nelle scorse settimane che per quest’anno ci sarà certamente l’emissione di un nuovo BTp Futura. Sarà il quinto della serie. E se le condizioni di mercato lo consentiranno, una seconda emissione sarebbe probabile negli ultimi mesi dell’anno. Tuttavia, sono allo studio possibili modifiche alle modalità di fissazione del premio fedeltà, così da renderlo più appetibile ai risparmiatori.
Oggi, un pezzo del Corriere della Sera a firma di Ferruccio De Bortoli reca un titolo eloquente: “Inflazione e debito pubblico: salviamo i Btp people che hanno creduto nell’Italia”.
BTp Futura, rendimenti ancora troppo bassi
I BTp Futura sono la punta di questo iceberg finanziario. Rivolti ai soli risparmiatori, cioè al mercato retail, hanno cercato di ingolosirli con un premio fedeltà legato all’andamento del PIL nominale dell’Italia. Offrono una cedola crescente negli anni e tutte le quattro emissioni finora si acquistano a quotazioni sotto la pari sul mercato secondario. Questo significa che i rispettivi rendimenti sono saliti. Eppure, ancora oggi il BTp Futura 2028 rende lo 0,84%, il 2030 l’1,27%, il 2033 l’1,56% e il 2037 l’1,88%. Praticamente, chi li avesse acquistati in fase di collocamento si ritroverebbe in portafoglio titoli ancora meno redditizi e se volesse rivenderli subirebbe perdite finanche rilevanti. La scadenza 2037, ad esempio, viaggia sotto 93,40 centesimi, cioè a -6,6% dal debutto di neppure nove mesi fa.
Recriminare non è un’opzione. Chi ha abboccato all’amo, pianga sé stesso. Che l’inflazione prima o poi si sarebbe ripresa era dato quasi per certo; che i prezzi dei bond, BTp Futura compresi, sarebbero scesi, anche.