Forfettario 2022, riepilogo dei tre requisiti per accedere al regime agevolato

Limite ricavi da rispettare, soglia spesa per lavoro da non superare, non esistenza di cause di esclusione. I requisiti per essere forfettario nel 2022
3 anni fa
3 minuti di lettura
Regime forfettario, alla cassa entro il 22 agosto (regole di versamento)

La legge di bilancio 2022 non ha portato modifiche al regime forfettario. Rimangono, dunque, fermi i requisiti di accesso da rispettare per coloro che decidono di aprire partita IVA nel 2022 e per coloro che, invece, vi devono permanere se già sono in attività.

L’unica novità che potrebbe arrivare a breve è l’obbligo di fattura elettronica anche per tale categoria di contribuenti.

Perché il regime forfettario è di favore

Il regime forfettario è un regime fiscale molto vantaggioso che permette, a chi ha partita IVA, di godere di una tassazione molto più bassa rispetto a chi agisce in regime ordinario.

Chi riesce a beneficiarie di questo regime non paga IRPEF, addizionali all’IRPEF, IRAP, e IVA. Questi, infatti, è soggetto ad un’imposta sostitutiva con aliquota del 15% (ed in alcuni casi con aliquota 5%) da applicare su un reddito ottenuto in maniera appunto forfettaria. Tale reddito è calcolato applicando ai ricavi/compensi percepiti durante l’anno d’imposta un coefficiente di redditività che varia a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata.

Il forfettario, inoltre gode di una serie di semplificazioni in termini di adempimenti fiscali. Ad esempio, non deve registrare le fatture, non deve liquidare e versare l’IVA, non applica la ritenuta d’acconto nelle fatture emesse, è esonerato dagli studi di settore.

Fino ad ora è anche esonerato dalla fatturazione elettronica (tranne per quelle da emettere verso la Pubblica Amministrazione).

Il limite ricavi e spese per lavoro

Chi apre bottega nel 2022, può svolgere l’attività in regime forfettario laddove presume (e dichiara nel modello di apertura partita IVA) di rispettare congiuntamente i seguenti due requisiti:

  • conseguimento di ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro
  • sostenimento spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Con riferimento al primo requisito, se si esercitano più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, ai fini del limite di 65.000 euro occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Per chi al 1° gennaio 2022 era già in attività, affinché questi possa continuare ad essere forfettario o per passare a questo regime, la verifica dei due requisiti deve essere effettuata rispetto all’anno 2021. Quindi, ad esempio, non può essere forfettario nel 2022 chi per l’anno 2021 ha conseguito ricavi per oltre 65.000 euro.

L’altro requisito per il forfettario: non devono esistere cause di esclusione

Al fine di agire nel forfait è anche richiesto che nell’anno d’imposta stesso non sussista una o più delle cause di esclusione previste dal legislatore. In particolare, è stabilito che non possono accedervi:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito
  • i non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato
  • i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente
  • le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni
  • coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (sempre che in quello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da un altro rapporto di lavoro).

Potrebbero anche interessarti:

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Andare in pensione nel 2022 con Opzione Donna, attenzione perché è il 2021 quello che conta
Articolo precedente

Opzione Donna nate nel 1963, sbloccate le domande: ecco le ultime novità

L'inflazione frena la crescita
Articolo seguente

Da Bretton Woods all’euro, così l’Italia è passata dall’inflazione alla stabilità dei prezzi