Antonio Costa ha trionfato alle elezioni politiche anticipate in Portogallo. Il suo Partito Socialista ha conquistato circa il 41,7% dei voti, oltre 5 in più del 2019. Trafitto il Partito Social Democratico, principale formazione di centro-destra, fermo al 27,8%, identico risultato di tre anni fa. Il suo leader Rui Rio ha annunciato le dimissioni, nonostante i sondaggi della vigilia lo dessero testa a testa con i socialisti. Alla sua destra, ha subito l’ascesa di due formazioni minori: della destra radicale di Chega, passata dall’1,3% al 7,2% e di Iniziativa Liberale dall’1,3% al 5%.
Contrariamente a tutte le previsioni, Costa godrà della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, avendone conquistati almeno 117 su 230. Non avrà bisogno del Partito Comunista e del Blocco di Sinistra, che avevano ritirato l’appoggio esterno al suo governo nei mesi scorsi, in dissenso sulla legge di Bilancio. Chiedevano l’innalzamento del salario minimo, delle pensioni e della spesa sanitaria. Ma Costa ha fatto del risanamento fiscale la stella polare dei suoi due governi, in carica come premier dalla fine del 2015. Ha aperto alla collaborazione con tutti gli altri partiti, tranne Chega.
Quali sono gli ingredienti del successo dei socialisti portoghesi, che da oltre sei anni dominano la scena politica nazionale in controtendenza al resto d’Europa? Come dicevamo, Costa non ha affatto abbandonato le politiche di austerità fiscale avviate dal predecessore conservatore Pedro Passos-Coelho tra il 2011 e il 2015. Il Portogallo dovette alzare bandiera bianca undici anni fa, ricevendo gli aiuti di Fondo Monetario Internazionale (FMI) ed Unione Europea per una settantina di miliardi. Tuttavia, a differenza della Grecia già nel 2014 usciva fuori dal programma di assistenza finanziaria tra lo scetticismo generale. Invece, ha saputo rimettersi in piedi, coniugando la stabilità dei conti pubblici con le riforme macro-economiche.
Elezioni Portogallo, tutti i successi di Costa
Si direbbe che Costa abbia avuto la fortuna di succedere a Coelho nel momento giusto, ossia quando le riforme iniziavano a produrre i loro frutti.
Bisogna ammettere che buona parte della ripresa economica sia dovuta al boom del turismo. Esso incide per circa il 20% del PIL dal 12% del 2000. E proprio la crisi del settore ha colpito pesantemente l’economia domestica, crollata dell’8,4% nell’anno della pandemia e rimbalzata solamente del 4,8% nel 2021. Tuttavia, secondo l’FMI quest’anno si espanderà di un altro 5,1%, ai vertici della classifica europea. E, soprattutto, si riporterebbe nettamente sopra i livelli pre-Covid, facendo meglio di economie più grandi come l’Italia. Già quest’anno, ad esempio, il deficit scenderà al 3,2% nelle intenzioni del governo Costa, ben meno del 5,6% fissato da Mario Draghi. Con la pandemia, è salito al 5,8% e nel 2021 è già sceso al 4,4%. Cifre decisamente inferiori alle nostre.
La stessa disoccupazione oscilla intorno al 7% contro il 9% dell’Italia, così come il debito pubblico dovrebbe portarsi al 122% del PIL dal 127% dello scorso anno. In Italia, quest’anno dovremmo scendere sotto il 150%. Insomma, i portoghesi si mostrano grati al loro premier, che, sfidando le pulsioni ideologiche della sinistra, ha dimostrato pragmatismo. E così, il suo ex ministro delle Finanze, Mario Centeno, ha potuto presiedere l’Eurogruppo tra il 2018 e il 2020, a riconoscimento dell’Europa della svolta positiva di Lisbona. Il successo elettorale di ieri consentirà a Costa di governare altri quattro anni senza dovere barattare alcunché con gli altri partiti di sinistra.