Il primo green bond dell’Italia è stato un flop: -16% dall’emissione

L'Italia emise meno di un anno fa il primo green bond per favorire la transizione ecologica e da allora sul mercato è andata malissimo
3 anni fa
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Green bond 2045

Meno di un anno fa, il Tesoro emise il suo primo green bond, un BTp con scadenza 1 marzo 2045 e cedola 1,5% (ISIN: IT005438004). Subito dopo essere stato quotato sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana, il titolo chiudeva ben sopra la pari. Ieri, il prezzo risultava collassato in area 85,50 centesimi, segnando una perdita di oltre il 15% in neppure undici mesi.

Il green bond è un titolo del debito perfettamente simile a un BTp ordinario, con l’unica peculiarità che i capitali raccolti sono destinati a finanziare iniziative legate alla transizione ecologica, cioè per l’abbattimento delle emissioni inquinanti.

Il crollo della quotazione si riflette nell’aumento del rendimento netto offerto: da 1,22% nel marzo 2021 al 2,18% di ieri. Un aumento dello 0,96%, che equivale a circa il 20% cumulato in più fino alla scadenza, tenuto conto del periodo trascorso dall’emissione ad oggi.

Green bond, rendimento in netto rialzo

Ai rendimenti di ieri, il green bond sovrano italiano non copre neppure la metà dell’inflazione annuale di gennaio, salita al 4,8%. Se guardiamo, invece, al target BCE del 2% per il medio termine, riusciremmo a stento a compensare la perdita del potere d’acquisto, sebbene l’imposta di bollo dello 0,2% sul conto titoli manterrebbe il bilancio in negativo.

Le attuali quotazioni sono le più basse dall’emissione del green bond. Risentono della lievitazione dei rendimenti di mercato, con lo spread BTp-Bund a 10 anni salito fino a 160 punti base. Lo stesso titolo tedesco decennale viaggia ormai sopra lo 0,20%; fino a poche sedute fa offriva ancora un rendimento negativo. Ieri, poi, è stato pubblicato il dato sull’inflazione USA a gennaio, salito ulteriormente al 7,5%, ai massimi dal 1982 e in rialzo dal 7% di dicembre. A questo punto, il mercato si attende una stretta ancora più vigorosa negli USA per quest’anno, con un costo del denaro destinato a salire all’1,50-1,75%, cioè di 150 punti base da oggi, implicando sei rialzi dei tassi da 0,25% ciascuno.

E già inizia a prendere corpo un settimo rialzo. Al board di marzo, con ogni probabilità la Federal Reserve interverrà con un aumento dello 0,50%.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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