Il destino dell’economia europea di questo 2022 è scritto a Kiev. Lì si deciderà, verosimilmente entro questa settimana, se la ripresa del PIL proseguirà o se cederà il passo all’incubo stagflazione. Gli americani sono convinti che la Russia invaderà l’Ucraina mercoledì notte, mentre il Cremlino smentisce e al contempo invia 120.000 soldati al confine con lo stato dell’Europa Orientale. Il petrolio è schizzato in area 95 dollari al barile sui timori di una guerra nel cuore del Vecchio Continente. Il prezzo del gas è risalito ai massimi da due settimane a 88 euro per megawatt-ora.
Un quadro sconfortante e sconcertante, che sta già impattando negativamente sull’economia europea. Il rallentamento è sotto gli occhi di tutti. Molte attività stanno fermando gli impianti per l’impossibilità di continuare a produrre con costi energetici così alti. La minore offerta si traduce in carenza diffusa di prodotti, dalle auto agli elettrodomestici, dai mobili ai telefonini. I prezzi corrono e la stagflazione si materializza. I primi stanno crescendo al ritmo di oltre il 5% all’anno nell’Area Euro, al 7,5% negli USA. L’alta inflazione sta riducendo anche il potere d’acquisto delle famiglie, che malgrado il rimbalzo del PIL si sono impoverite nell’ultimo anno. Il governo italiano sta correndo ai ripari come può, irrobustendo il pacchetto di aiuti mirato a famiglie e imprese contro il caro bollette. Non basterà lo stesso.
A Kiev si decide sulla stagflazione europea
Entro pochi giorni dovremmo sapere se davvero i russi abbiano intenzione di muovere guerra all’Ucraina. Se così fosse, scatterebbe sanzioni durissime dell’Occidente contro Mosca. La controreazione sarebbe devastante per noi: forniture di gas ancora più basse o del tutto sospese. Rischieremmo una crisi energetica e umanitaria mai vista in Europa dal Secondo Dopoguerra.
A Taiwan si concentra la produzione di chip, tant’è che l’anno scorso è bastato un focolaio di Covid in un solo stabilimento per paralizzare l’offerta e accentuare la carenza globale. Le due grandi potenze asiatiche sarebbero nelle condizioni di dimostrarci che siamo poca roba senza di loro. Almeno nel breve termine, non esisterebbero alternative praticabili al gas russo e alle terre rare cinesi. Non è un caso che anche l’Unione Europea, con un anno di ritardo sugli USA, stiano varando un piano da 50 miliardi per produrre chip nel nostro continente.
Il PIL nell’Eurozona è atteso invariato per questo primo trimestre dopo il 0,3% congiunturale nell’ultimo trimestre del 2021. La Germania rischia di cadere ufficialmente in recessione per la seconda volta durante la pandemia, cosa sinora non accaduto a nessuna grande economia mondiale. E l’Italia? Il governo puntava a un +4,7% del PIL dopo il +6,5% del 2021. Adesso, l’obiettivo realistico consiste nel centrare almeno il 4%. In realtà, il premier Mario Draghi stesso è consapevole che dovrà lottare con i denti e con le unghie per portare a casa qualcosa di meno. Già il 3,5% sarebbe un buon risultato. E se l’inflazione continuasse a lievitare, il dato finale risulterebbe ben minore.