Il primo compleanno del suo governo Mario Draghi non avrebbe voluto festeggiarlo. Nei suoi piani, si sarebbe dovuto trovare al Quirinale da un paio di settimane. I partiti lo hanno fregato, tendendogli un’imboscata in Parlamento. Adesso, dovrà restare a Palazzo Chigi fino alla nomina del prossimo premier, successivamente alle elezioni politiche del 2023. Un altro anno ancora e dopo forse arriverà per lui una promozione internazionale. Commissione europea o Fondo Monetario Internazionale? Chissà! Di certo, stando alle sue stesse parole, non ha alcuna intenzione di scendere in politica e continuare a fare il premier.
I primi dodici mesi di governo Draghi sono stati scanditi da indubbi successi. Le vaccinazioni sono oggi tra le più alte al mondo in rapporto alla popolazione: 219 dosi somministrate ogni 100 abitanti contro le 200 della Germania, 206 della Francia, 196 della Spagna, 204 del Regno Unito e 165 degli USA. Insomma, la corsa al vaccino l’abbiamo vinta. E non era scontato che accadesse. Merito dell’esecutivo? Impossibile rispondere con certezza. Di sicuro, dai piani per le primule dell’ex commissario Domenico Arcuri abbiamo compiuto notevoli e rapidi passi in avanti con il Generale Francesco Paolo Figliuolo.
Sotto il governo Draghi, la crescita del PIL nel 2021 è risultata nettamente migliore delle stime ufficiali iniziali: +6,5% dal 4,5%. Anche in questo caso, difficile dire quanto di questa crescita sia dovuta effettivamente alla politica. Abbiamo più volte chiarito che il rimbalzo del PIL italiano non è stato particolarmente spettacolare, anzi è risultato persino inferiore a quello di paesi come Germania e Francia, tenuto conto dei livelli perduti nel 2020. Ad ogni modo, anche questo risultato il premier lo ha portato a casa dopo avere incassato l’ok di Bruxelles al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), prima di lui un libro dei sogni senza prospettive scritto dal predecessore Giuseppe Conte.
Governo Draghi sotto stress
Ma l’entusiasmo, che ha attraversato quasi tutti i mesi dell’anno passato, non si è affacciato anche al 2022. Al contrario, le ultime settimane sono state occupate dalle cronache negative sul piano della crescita economica. L’inflazione è ai massimi da decenni, la BCE potrebbe anche alzare i tassi d’interesse entro la fine dell’anno, lo spread si è impennato, il caro bollette morde e le risorse per calmierarlo si mostrano scarse anche dopo l’ultimo intervento deciso in Consiglio dei ministri. L’attività economica rallenta e, contrariamente a quanto accaduto nel 2021, le stime iniziano ad essere abbassate rispetto a quelle iniziali. Difficilmente cresceremo del 4%, mentre nel NADEF il governo Draghi aveva scritto +4,7% non più tardi di cinque mesi fa.
Peraltro, i 191,5 miliardi di euro attesi dall’Europa come contributo al Pnrr sono tutt’altro che certi. Servono riforme per ottenerli passo dopo passo e la politica italiana ha ripreso a litigare come sempre dopo pochi mesi di tregua, in vista delle prossime elezioni. E, soprattutto, il governo Draghi esce indebolito dalla rielezione del presidente Sergio Mattarella. Il premier è rimasto a Palazzo Chigi solo per senso di dovere, ma già ostenta scarsa tolleranza verso la sua stessa maggioranza. Ha risposto piccato sul Superbonus, notando come le critiche sulle modifiche gli arrivino da chi scrisse male la legge due anni fa, ovvero il governo “giallo-rosso” retto da Movimento 5 Stelle e PD.
Non ci sono più i toni ottimistici e paciosi di qualche mese addietro. Draghi sa di non avere più niente da perdere e di rischiare di finire tritato dal combinato tra paralisi politica e tensioni sui mercati finanziarie. Forse, in cuor suo cerca persino il “casus belli” per andarsene sbattendo la porta, consapevole che, nel caso di inconcludenza al governo nei prossimi mesi, la sua immagine si appannerebbero al punto da impedirgli nel 2023 di ambire a una qualche carica internazionale di prestigio.