Le pensioni con la flessibilità in uscita, via dal lavoro con un grosso sacrificio?

Uscire dal lavoro in anticipo costerà meno allo Stato e di più al lavoratore. Ipotesi allo studio con la riforma pensioni 2023.
3 anni fa
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riforma pensioni
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Si fa sempre più concreta la possibilità che dal prossimo anno si possa andare in pensione a 64 anni. Ma con un grosso sacrificio che comporterà il taglio della rendita maturata.

I recenti incontri fra governo e sindacati confermano le distanze fra le parti. I primi non intendono più fare riforme a deficit irrigidendo quindi le possibilità di uscita coi sistemi di calcolo attuali. I secondo chiedono, invece, l’uscita a 62 anni o con 41 di contributi.

Pensioni con flessibilità o con trappola?

I numeri restano però quelli intorno ai quali non si può più transigere.

La popolazione invecchia sempre più e i lavoratori diminuiscono. In questo contesto non sarà sostenibile il sistema pensionistico italiano.

Non solo, concedere ancora la possibilità di andare in pensione prima dei 60 anni con la speranza di vita che sale è ormai fuori luogo. Non è rispettato il principio che aggancia la pensione all’aumento della longevità delle popolazione.

Pertanto, fra le varie ipotesi avanzate finora, la possibilità di anticipare l’uscita di qualche anno rispetto alle regole Fornero (in pensione a 67 anni) ruota intorno alle capacità di spesa pubblica.

Cosa succederà quindi con la riforma pensioni che vedrà la luce nel 2023? Quale futuro per i lavoratori? Le ipotesi si rincorrono e l’unica soluzione che appare “sostenibile” finanziariamente – come chiede il premier Draghi – è l’uscita anticipata con penalizzazione. Resta da stabilire di quanto.

Tutti fuori dal lavoro a 64 anni?

La riforma pensioni Fornero consente già l’uscita dal lavoro per i contributivi puri al raggiungimento dell’età di 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma l’assegno previsto non deve essere inferiore a 2,8 volte il trattamento minimo di pensione.

Non è cosa da poco, poiché tale soglia corrisponde a circa 1.310 euro al mese e pochissimi lavoratori vi possono accedere. Sicché basterebbe abbassare il valore da 2,8 a 1,5 (previsto per i 67 enni), ad esempio, per allargare la platea dei beneficiari.

Tutto qui. Per il resto sarebbe sufficiente applicare le regole previste per Opzione Donna dove il lavoratore accetta la migrazione dei contributi nel sistema contributivo e una liquidazione della pensione col sistema di calcolo contributivo a 64 anni. Con forte penalizzazione, però.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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