Sono i dipendenti pubblici a pesare maggiormente sui costi delle pensioni Inps. Colpa soprattutto dei pensionamenti anticipati, ma anche delle minori entrate contributive a causa del Covid.
Lo rileva il nono “Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano” a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. In esso si analizzano tutti i flussi finanziari delle varie gestioni previdenziali, comprese quelle degli statali.
Il peso dei dipendenti pubblici sulle pensioni
Nel 2020 la spesa per le pensioni relativa a tutte le gestioni previdenziali è ammontata a 234,7 miliardi di euro.
Il saldo tra entrate contributive e uscite per prestazioni evidenzia un risultato negativo di 39,33 miliardi di euro. Cifra che supera di 18,48 miliardi il saldo del 2019. Questo deficit è il risultato delle gestioni attive e di quelle in disavanzo.
La gestione che presenta il disavanzo più elevato è quella dei dipendenti pubblici. Essa ammonta a 36,42 miliardi di euro, per effetto di entrate contributive pari a 40,14 miliardi e di uscite per 76,56 miliardi. Cifra in progressivo aumento rispetto al passato.
Difficoltà a sostenere la spesa
Più nel dettaglio, a pesare sui conti dell’Inps è il fondo ex Ferrovie dello Stato, il cui pesante squilibrio gestionale è stato ripianato mediante trasferimenti a carico del bilancio statale per 4,46 miliardi di euro.
Segue il fondo ex Inpdai e Inpdap, che avevano lasciato in eredità al Inps un buco di bilancio astronomico. L’ex ente previdenziale dei dipendenti pubblici aveva portato in eredità all’Inps ben 10,27 miliardi di disavanzo patrimoniale, a cui si erano aggiunti circa 5,8 miliardi di passivo per il solo esercizio 2012.
Per il 2021 il rapporto di Itinerari Previdenziali prevede un deficit Inps intorno ai 24 miliardi di euro per effetto dell’incremento degli attivi.
Benché la spesa per le pensioni sia sotto controllo, come ribadito dal presidente Inps Pasquale Tridico “il sistema pensionistico in un Paese con 60 milioni di abitanti non si può reggere, nel lungo periodo, con sole 23 milioni di persone che lavorano”.