Mario Draghi non avrebbe voluto rimanere a Palazzo Chigi. Ha fatto di tutto per farsi eleggere presidente della Repubblica a gennaio. Non ci è riuscito. Alla luce di quanto stia accadendo nelle ultime settimane, il suo rammarico per non aver potuto traslocare al Quirinale è fortissimo. Si sta ritrovando impantanato nella gestione di un’economia già uscita a pezzi dalla pandemia e che adesso deve fare i conti anche con una guerra. Lo scenario da incubo che si ritrova davanti è quello di un’inflazione fuori controllo, unitamente alla recessione del PIL.
I venti di guerra soffiavano forti già nei giorni delle votazioni del nuovo presidente della Repubblica in Parlamento. Ma nessuno forse avrebbe immaginato allora che un mese dopo l’intera Europa sarebbe caduta in una nuova emergenza con contraccolpi economici così violenti. Il petrolio ieri ha sfiorato i 130 dollari al barile. Secondo centinaia di contratti di opzione siglati, arriverebbe a 200 dollari entro fine mese. E in Europa il prezzo del gas ha quasi toccato il nuovo record dei 260 euro per megawatt-ora.
Inflazione a doppia cifra
Queste cifre non lasciano più alcuno spazio all’ottimismo. Facciamoci due conti per capirne l’impatto. Nel 2021, l’Italia ha consumato meno di 380 milioni di barili di petrolio, il cui costo medio sui mercati internazionali è stato di 71 dollari e a un tasso di cambio euro-dollaro di oltre 1,18. Il costo fu, quindi, intorno ai 22-23 miliardi. Ai prezzi e al cambio di ieri (collassato sotto 1,09), un barile di Brent ci costa più di 116 dollari, quasi il doppio dei 60 del 2021. A parità di consumi, avremmo un aggravio superiore ai 20 miliardi.
Ma la nota dolente arriva dal gas. Ne abbiamo consumati oltre 70 miliardi di metri cubi l’anno scorso per un costo complessivo di circa 25 miliardi. Ai prezzi di ieri, spenderemmo la stratosferica cifra di 180 miliardi in più all’anno.
Per fortuna, le cose dovrebbero andare un po’ meglio. Anzitutto, probabile che i prezzi energetici si sgonfino nel corso dell’anno. Oltretutto, l’Italia potrebbe sempre fare temporaneamente affidamento sulle riserve di gas, per quanto relativamente scarse esse siano. E paesi come Algeria e Qatar aumenteranno verosimilmente le esportazioni, così da garantirsi nuovi contratti e sfruttare gli alti prezzi vigenti sui mercati. Tuttavia, a rincarare non sono solo i prodotti energetici. Tanto per fare un esempio, il prezzo della farina si è portato a 450 dollari per tonnellata, segnando un boom del 90% in un anno. Peraltro, i rincari di gas e greggio incidono sulla generalità dei beni, tramite i prodotti derivati (si pensi alle materie plastiche), ai costi di trasporto e a quelli fissi delle aziende di produzione e commerciali.
Economia verso la recessione
L’economia italiana si sta avviando verso la seconda recessione dall’inizio della pandemia, mentre la Germania ci era caduta dentro già nel quarto trimestre dello scorso anno. Draghi avrebbe voluto almeno concludere la legislatura con il successo di avere riportato il PIL ai livelli pre-Covid. Quasi certamente, non sarà così. Anzi, rischia di consegnarci un 2022 sotto i livelli del 2021. Le contingenze internazionali alleviano decisamente le responsabilità specifiche del nostro premier, ma sta di fatto che il malcontento salirà nei prossimi mesi e il governo si troverà quasi inerme dinnanzi all’evoluzione dei fatti.
Aggiungiamo anche che se negli USA i salari stanno salendo di circa il 2% in meno rispetto all’inflazione, in Italia la crescita si mostra quasi nulla, per cui gli aumenti dei prezzi stanno divorando incontrastati il potere d’acquisto.