In Italia, il corpo docente va in pensione troppo tardi. L’età media degli insegnati sfiora i 54 anni ed è fra i più “vecchi” al mondo nonostante le deroghe pensionistiche di Opzione Donna, Ape Sociale e Quota 100.
Serve uno svecchiamento. Ma con la fine di Quota 100 il flusso di uscite degli insegnanti si è drasticamente ridotto. Il 30 per cento in meno rispetto al 2021, secondo i dati preliminari Inps.
Crollo delle domande di pensione
A fine febbraio 2022 hanno presentato domanda di pensione solo 24.531 docenti di tutti gli ordini e gradi.
Il flusso delle uscite dal lavoro nella scuola si è quindi interrotto e Quota 102, introdotta per un anno al posto di Quota 100, non è in grado di compensare la riduzione delle uscite.
Dopo Quota 100, le alternative sono oggi rappresentate da poche vie d’uscita ristrette. Resta Opzione Donna (in pensione a 58-59 anni) ma con forte penalizzazione. Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi) che però riguarda solo una stretta cerchia di aventi diritto. E Ape Sociale (in pensione a 63 anni), riservata a lavoratori in condizioni di disagio sociale.
Per quanto riguarda quest’ultima opzione, da quest’anno possono accedervi anche i docenti delle scuole primarie. Con la legge di bilancio 2022 il loro lavoro è ritenuto usurante.
Importante abbassare i requisiti
Così, sul tavolo negoziale della riforma pensioni pesa anche la questione che riguarda la scuola. Il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, chiede che sia consentito ai docenti la possibilità di andare in pensione a 62 anni, come avviene in Francia.
Quanto meno si chiede che il riconoscimento del lavoro usurante sia esteso anche ai docenti delle scuole secondarie, il cui mestiere non è diverso da quello dei colleghi delle primarie.
“non si possono tenere in servizio per 40 anni delle persone a svolgere la stessa professione, mentre il burnout avanza andando a determinare disturbi per la salute”.
Pertanto, o tutti o nessuno. Non è concepibile che chi insegna alle primarie possa beneficiare di un diritto alla pensione che invece viene negato a chi fa lo stesso mestiere alle secondarie. Una scelta che discrimina e non parifica i diritti.