Le pensioni in Italia sono basse o sono alte? Secondo gli ultimi dati snocciolati dall’Osservatorio Inps sulle pensioni, nel nostro Paese due rendite su tre valgono meno di 1.000 euro al mese.
Più precisamente, alla fine del nel 2021 c’erano quasi 18 milioni di pensionati per una spesa complessiva di oltre 218,6 miliardi di euro. Ma più della metà vive addirittura con meno di 750 euro al mese.
Metà delle pensioni inferiori a 1.000 euro
In base ai dati dell’Osservatorio Inps sulle pensioni, l’importo medio mensile della rendita di vecchiaia è di 1.285,44 euro lordi.
Va però anche detto che molti beneficiari sono titolari di più pensioni e/o rendite e quindi i dati sono da prendere con le molle. Non è quindi dato sapere con esattezza chi e quanto percepisce esattamente un pensionato.
Le donne, maggiori beneficiarie di assegni di reversibilità, percepiscono spesso altre rendite. Così una pensionata potrebbe, ad esempio, godere della rendita del marito defunto e della sua. Singolarmente magari valgono meno di 750 euro, ma sommate arrivano al doppio del valore.
Ma esistono anche molte persone costrette a campare solo con pensioni da fame, al di sotto della soglia minima di povertà. Le prestazioni assistenziali sono infatti per il 20,3% assegni sociali e per il 79,7% indennità erogate a invalidi civili.
Rendite da fame per un italiano su tre
Così, dai dati estrapolati dall’Osservatorio Inps si evince che un cittadino su cinque è assistito dallo Stato. Vuoi con le integrazioni al trattamento minimo, vuoi con altre forme di assistenza economica erogate dall’Inps (tipo quattordicesima).
Nel 2021 – dice l’Inps – sono state liquidate 1,31 milioni di prestazioni, il 44,2% delle quali di natura assistenziale. Il che spiega benissimo in quale stato si trovano molti pensionati italiani, soprattutto al Nord.
Dall’analisi della distribuzione territoriale, l’area geografica con la percentuale più alta di prestazioni pensionistiche è infatti l’Italia settentrionale, con il 47,85%.
Il Nord ha quindi un numero di pensioni per residente maggiore per le categorie vecchiaia e superstiti, seguito dal Centro e dal Mezzogiorno. Mentre l’ordine si inverte per quelle di categoria invalidità previdenziale e per le prestazioni assistenziali.