Andare in pensione con 30 anni di contributi è possibile o bisogna lavorare di più? Un tempo questo requisito era più che sufficiente per accedere alla pensione e ottenere una rendita dignitosa.
Oggi, però, è diventata quasi una eccezione, almeno per avere un trattamento pensionistico sufficiente. Il nostro ordinamento prevede comunque due vie d’uscita per i lavoratori che hanno maturato 30 anni di contributi. Vediamole.
In pensione con 30 anni di contributi
La legge prevede la possibilità di andare in pensione con almeno 20 anni di contributi versati a condizione che si abbia compiuto 67 anni di età.
L’anzianità contributiva minima richiesta è di 20 anni, quindi ampiamente sotto la soglia dei 30 anni del nostro quesito originario. Ma quanto si percepisce? Ovviamente dipende, oltre che dall’anzianità contributiva, anche dal sistema di calcolo.
La pensione con 30 anni di contributi a 67 anni di età è calcolata col sistema misto. Cioè in parte retributiva (per i contributi versati fino al 1996) e in parte contributiva (per i contributi versati dopo il 1996). Al montante contributivo si applica quindi il coefficiente di trasformazione che vale 5,575% per 67 anni di età.
Ape Sociale
L’altra strada per andare in pensione con 30 anni di contributi è quella di Ape Sociale. Si tratta più che altro di uno scivolo pensionistico fino alla maturazione dei requisiti per la pensione ordinaria. Requisito essenziale è quello di avere almeno 63 anni di età.
Ape Sociale, però, è rivolta solo a determinate categoria di lavoratori in condizioni di svantaggio sociale. Cioè disoccupati, caregiver e invalidi civili con almeno il 74% di invalidità accertata. Bisogna quindi rientrare in una di queste categoria per ottenere la pensione.
L’importo è calcolato in base all’ammontare del futuro trattamento pensionistico di vecchiaia cui avrà diritto il richiedente nel limite massimo di 1.500 euro lordi per 12 mensilità ed è soggetto a tassazione ordinaria.