In pensione a 62 anni, perché i sindacati hanno ragione

Andare in pensione a 62, pur accettando il ricalcolo contributivo, andrebbe bene. Ecco il calcolo che favorisce i lavoratori.
3 anni fa
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Può sembrare strano ma oggi con opzione donna possono andare in pensione con 35 anni di contributi e nettamente prima molte più lavoratrici di quanto invece si creda.
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Andare in pensione a 62 non è sbagliato. Anzi è più che giusto, se si considera qual è la vita media degli italiani. Si campa di più rispetto al passato, ma si gode la pensione per meno tempo.

La vita media degli italiani è di 82,8 anni, la più lunga in Europa insieme a quella degli spagnoli. Ma andando in pensione a 67 anni, ci si gode la tanto agognata rendita in media per soli 15,8 anni. Poco o tanto?

In pensione a 67 anni è sbagliato

Secondo Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, la pensione dovrebbe durare circa 20-25 anni per costituire una rendita ottimale.

Tralasciando gli errori del passato che vedono lo Stato pagare ancora baby pensioni da oltre 40 anni, oggi è opportuno fare doverose riflessioni.

Un welfare perché funzioni bene non deve né guadagnare né perdere con la previdenza. In questo momento, però, con il pensionamento tarato a 67 anni di età, lo Stato ci guadagna, mentre i lavoratori ci perdono. Non solo dal punto di vista economico.

Tenere al lavoro over 60 è controproducente nella maggior parte dei casi. Ne va della produttività e dello “sfruttamento” della forza lavoro a scapito dell’occupazione giovanile. Quello che serve, quindi, è introdurre un sistema di pensioni anticipate, anche con penalizzazione, per svecchiare la forza lavoro, soprattutto nella pubblica amministrazione.

I calcoli che danno ragione ai sindacati

A conti fatti, posto che il monte contributivo di un lavoratore sia di 300 mila euro, a 67 anni otterrebbe una rendita nel regime contributivo pari a 16.750 euro. Per 18 anni, senza contare gli interessi, lo Stato restituisce al pensionato i soldi che ha versato.

Il che presuppone una vita media di 85 anni che è superiore a quella di fatto attuale. Il che significa che parte dei contributi versati restano nelle casse dello Stato venendo meno quel principio di equilibrio di cui abbiamo detto sopra.

Andando in pensione a 62 anni, invece, e tenendo conto del coefficiente di trasformazione relativo all’età, il pensionato otterrebbe una rendita più bassa, pari a 14.310 euro all’anno.

In questo caso lo Stato restituirebbe tutti i soldi versati dal lavoratore per più tempo raggiungendo l’equilibrio finanziario dopo 20 anni.

Pertanto andando in pensione a 62 anni (non a 63 o 64) col ricalcolo contributivo per tutti, si godrebbe di una pensione più bassa ma per più tempo. Il punto di equilibrio finanziario sarebbe raggiunto a 82 anni, che è proprio l’età media degli italiani.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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