Istituite con la legge n. 218 del 30 luglio 1990 (“legge Amato”), le fondazioni bancarie sono associazioni non-profit nate come espediente tecnico per privatizzare le banche pubbliche e le Casse di Risparmio. Il loro obiettivo è quello di investire in una molteplicità di settori, dalle attività benefiche a sostegno delle comunità locali a quelle culturali e ludiche. Ma con l’aggravarsi della crisi iniziata nel 2008 è emersa anche un’altra verità: le fondazioni bancarie non hanno mai cessato di occuparsi delle attività bancarie. Alcune fondazioni, anziché sostenere progetti a favore della cittadinanza e fuoriuscire dal capitale delle banche, hanno preferito impiegare le proprie risorse per ricapitalizzare le controllate, indebitandosi.
LE FONDAZIONI BANCARIE E QUEI 50 MILIARDI SUI QUALI LO STATO NON PUÒ ESERCITARE ALCUN CONTROLLO
Secondo un recente dossier di Mediobanca, delle 88 fondazioni presenti sul territorio italiano, ben 22 detengono l’80% di un patrimonio stimato in 50 miliardi di euro sul quale lo Stato non può esercitare alcun controllo. Questo perché la legge n. 201 del 22 dicembre 2008 stabilisce che “non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture”.
LA PROPOSTA VENANZI: USARE I PATRIMONI DELLE FONDAZIONI BANCARIE PER RIDURRE IL DEBITO DI 50 MLD OPPURE PER FINANZIARE UN “DIVIDENDO DI CITTADINANZA”
Diversi addetti ai lavori, come Riccardo Calimani della Fondazione di Venezia e Francesco Venanzi del Gruppo Eni, e rinomati economisti – tra cui Tito Boeri e Luigi Guiso – ritengono superato il business model delle fondazioni bancarie.
GIANPIERO SAMORÌ: ABOLIRE TUTTE LE FONDAZIONI (BANCARIE E NON) PER RIDURRE IL DEBITO DI ALMENO 350 MILIARDI
«L’Italia è una nazione ricchissima di fondazioni che hanno patrimoni enormi di centinaia e centinaia di miliardi. Si potrebbe attingere a questo importante bacino per ridurre il debito pubblico». È quanto propone l’avvocato Gianpiero Samorì in materia di fondazioni e risanamento delle finanze pubbliche. Secondo il banchiere modenese, è possibile raccogliere almeno 350 miliardi di euro dalla nazionalizzazione di tutte le fondazioni (bancarie e non). «In questo momento straordinario – osserva Samorì – questi patrimoni devono essere acquisiti al patrimonio dello Stato in funzione di riduzione del debito, perché sono comunque patrimoni della collettività e non di un singolo privato».