La Banca d’Inghilterra (BoE) ha mantenuto i tassi d’interesse invariati al minimo storico dello 0,1%, ma ha annunciato che rallenterà gli acquisti di bond dai 4,4 miliardi a 3,4 miliardi di sterline alla settimana. Non muta, però, l’entità del programma, che resta di 895 miliardi. “La decisione operativa non deve essere intesa come un cambio di politica monetaria”, si legge nel comunicato. Al contempo, l’istituto ha alzato le stime sul PIL britannico per quest’anno dal 5% atteso a febbraio al 7,25%.
Adesso, la BoE prevede che l’economia del Regno Unito torni ai livelli pre-Covid entro la fine di quest’anno, anziché entro il primo trimestre del 2022, come nelle precedenti stime. E dovrebbe quasi centrare l’obiettivo d’inflazione del 2% nel 2024 con un rialzo dei tassi nel 2023 e un secondo nel 2024.
La decisione di Londra arriva dopo che la Banca del Canada in aprile aveva annunciato anch’essa un rallentamento degli acquisti di bond e il possibile rialzo dei tassi entro la fine dell’anno prossimo. Qualche giorno fa, negli USA era stata il segretario al Tesoro, Janet Yellen, a paventare un possibile rialzo dei tassi americani per scongiurare l’eccessivo surriscaldamento dell’economia domestica. E alla BCE la discussione sul futuro cambio di policy sarebbe avviata al board di giugno.
Acquisti di bond, ora tocca alla BCE
Sono tutti elementi che segnalano senza ombra di dubbio che, a meno di un inatteso peggioramento della condizione sanitaria, le principali economie del pianeta iniziano già a valutare il rientro dai potenti stimoli monetari di quest’ultimo anno. Gli acquisti di bond da parte della BCE con il PEPP saranno mantenuti fino al marzo 2022. Tuttavia, non è difficile immaginare che l’inflazione in forte rialzo, pur sotto il target, spinga l’istituto a considerare un prossimo “tapering”.
Ed ecco che lo spread BTp-Bund oggi si è portato fino a un massimo di 114 punti base, con il rendimento a 10 anni italiano sopra lo 0,85%. La prospettiva di una riduzione del grado di accomodamento monetario fa male ai nostri bond, perché ne accresce il rischio sovrano. Tassi più alti impattano maggiormente sugli stati più indebitati e ne riducono anche i margini fiscali disponibili per sostenere l’economia. Dopo il segnale arrivato da Londra, non è più possibile ignorare che le condizioni monetarie stiano per mutare, pur non drasticamente. Il meglio sarebbe alle spalle. Del resto, la fine attesa della pandemia sostiene le aspettative di crescita e d’inflazione. Impossibile tenere l’apparato di stimoli come quando eravamo in piena emergenza sanitaria.