Acquisto casa: il mutuo è prova dell’evasione fiscale

La cifra erogata con il mutuo per l'acquisto di un immobile non può essere superiore al suo valore: questo rappresenta una prova quando nei contratti di acquisto si dichiara una somma minore di quella realmente pagata per evadere le tasse.
10 anni fa
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A stabilire che somme possono essere erogate nel mutui per finanziare l’acquisto di un immobile è il testo unico bancario che sancisce che tali finanziamenti non possono mai essere superiori al valore dell’immobile.   La sentenza 23954 dello scorso 4 giugno della Corte di Cassazione stabilisce che il bene acquistato non può costituire garanzia per un finanziamento che superi il suo valore. Se si vuole chiedere un finanziamento oltre che per l’acquisto dell’immobile anche per altri spese dovranno essere poste, a fronte del finanziamento, ulteriori garanzie.

  Qualora, nella dichiarazione dei redditi, si indichi un valore inferiore del proprio immobile per evadere le imposte il mutuo può essere la prova dell’evasione. La vicenda oggetto della sentenza inizia con la sentenza del 18 luglio 2012 in cui il Tribunale giudicava il ricorrente, in qualità di amministratore di una società che alienava appartamenti, colpevole di evasione poiché nella dichiarazione dei redditi degli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006 indicava un ammontare inferiore a quello realmente percepito dopo aver concordato con gli acquirenti degli immobili un prezzo inferiore a quello realmente corrisposto.   La Corte di appello di Roma, con la sentenza del 16 giugno 2014 confermava la decisione del Tribunale e alla sentenza sono seguite le pene accessorie. L’imputato ha presentato, quindi, ricorso per Corte di Cassazione adducendo i seguenti motivi:

  • la legge sarebbe stata applicata erroneamente e la Corte di appello si sarebbe limitata a confermare la sentenza di primo grado senza valutare gli elementi dell’appello
  • la sentenza ha ritenuto affidabile il fatto che la somma erogata a titolo di mutuo non potesse superare il valore dell’immobile

  La Corte di Cassazione con la sentenza del giugno 2015 ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché fondato sugli stessi motivi già giudicati dal giudice. Per quanto riguarda l’ammontare del mutuo concesso agli acquirenti il Giudice della Suprema Corte stabilisce che “è pienamente corrispondente a logica il criterio che un bene non può costituire garanzia al di là del proprio valore.

Pertanto se è perfettamente concepibile che un finanziamento possa essere chiesto oltre che per l’acquisto di un immobile, anche per le ulteriori spese, che siano per l’acquisto, la ristrutturazione o altro, certamente a fronte del finanziamento dovranno esservi ulteriori garanzie, quali fideiussioni o altre, che, nel caso di specie, non risultano mai essere state prestate”.   L’ammontare massimo del mutuo fondiario concesso non può superare l’80% del valore dell’immobile, valore che può essere aumentato al 100% presentando altre garanzie oltre l’immobile stesso. L’erogazione di un mutuo superiore al valore dell’immobile priverebbe la banca delle adeguate garanzie sul credito. Quindi il ragionamento sostenuto dalla Guardia di Finanza che il corrispettivo pagato dagli acquirenti che acquistavano immobili dalla società rappresentata dall’imputato, doveva essere valutato almeno in misura uguale a quella erogata per il mutuo. Proprio a fronte di questa ipotesi la difesa non ha saputo spiegare perché un imprenditore dovrebbe vendere un immobile per la metà del suo valore reale.

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