Una situazione che forse pochi hanno considerato, abbagliati dalla bontà della cancellazione delle cartelle esattoriali è senza dubbio quello che adesso emerge per alcuni contribuenti. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili insieme all’INPS hanno iniziato a sollevare la questione. Si tratta del potenziale addio alla pensione per il contribuente a cui lo Stato concede il vantaggio della cancellazione automatica delle cartelle al posto della rottamazione. Ma davvero il provvedimento che prevede l’annullamento automatico dei debiti sotto i 1.000 euro previsto dalla Legge di Bilancio 2023, mette a rischio la pensione? E se sì, per quale motivo? Ciò che hanno sollevato i tecnici prima citati, risponde anche a diversi quesiti di alcuni nostri lettori che hanno già avanzato questi dubbi fin dalle origini della tregua fiscale del governo.
“Buonasera, sono un vostro assiduo lettore e vorrei sapere se qualcuno ha considerato che se mi venissero cancellate automaticamente le cartelle relative ai contributi previdenziali mai versati, potrei avere problemi con la mia futura pensione. Per anni ho omesso il versamento di alcuni trimestri di contributi. Sono un lavoratore autonomo che va verso i 62 anni e contavo di arrivare ai 42 anni e 10 mesi di contributi utili alla mia pensione di anzianità. Non credo che la cancellazione delle cartelle renda i contributi omessi come regolarmente versati. Giusta la mia considerazione?”
Addio cartelle esattoriali, ma per i contributi INPS meglio evitare
La cancellazione delle cartelle esattoriali è quel provvedimento inserito nella tregua fiscale che di fatto azzera le cartelle di un contribuente. Senza domanda e senza alcun obbligo per il contribuente. La cancellazione riguarda i debiti di un contribuente maturati nei confronti di Agenzie Fiscali e amministrazioni statali. Devono essere debiti affidati all’agente della riscossione entro il 2015, ma solo se di importo entro i 1.000 euro. Tra questi rientrano anche quelli relativi al pagamento della contribuzione previdenziale all’INPS da parte di commercianti, artigiani e lavoratori autonomi in genere.
Il quesito del nostro lettore apre ad una problematica forse sottovalutata. Ma che adesso assume connotati ben precisi per via della notizia diffusa dalle associazioni dei commercialisti ed avvalorata dall’INPS. Il mancato versamento dei contributi non può non influire sulla pensione futura. Soprattutto per chi ha storie contributive al limite come anni di versamenti per una determinata misura previdenziale. E anche perché a volte, anche l’omissione di una sola rata di contribuzione previdenziale in una annualità, produce il mancato accredito dell’intera annualità.
Pensione a rischio per chi sfrutta la cancellazione delle cartelle, meglio la rottamazione
Perdere la pensione per colpa della cancellazione delle cartelle esattoriali è un caso limite ma non è un caso da non considerare. Soprattutto se si pensa che anche le cartelle relative a mancati contributi INPS versati sono potenzialmente cartelle cancellate automaticamente dal fisco. Con il decreto Milleproroghe il governo ha deciso di estendere la facoltà di aderire alla cancellazione automatica delle cartelle fino al 2015 se di importo inferiore a 1.000, anche per i Comuni. Evidente che la cancellazione delle cartelle, automatica e senza necessità di domande da parte dei contribuenti è il provvedimento che più interessa la maggior parte dei contribuenti italiani. Interessa di più perfino della rottamazione delle cartelle dal momento che si tratta di un provvedimento che depenna in maniera totale e automatica i debiti di un contribuente. Ma per quanto riguarda le cartelle riferite ai contributi INPS la loro cancellazione è pericolosa.
Vietato considerare i contributi INPS come una tassa qualsiasi
Gli omessi contributi versati sono un debito alla pari dell’evasione di una tassa o del mancato pagamento di una multa. Ma i versamenti contributivi alla fine dei conti sono versamenti che avvantaggiano non soltanto l’erario, mai il lavoratore e contribuente.
Con i contributi previdenziali non si scherza
In parole povere se un contribuente ha omesso dei versamenti previdenziali che adesso verranno cancellati, per qualcuno c’è il rischio di non percepire mai la pensione. Basti pensare a quanti si troveranno privi dei 20 anni di contribuzione minima per le pensioni di vecchiaia a 67 anni di età. O a quanti si troveranno privi dei 42 anni e 10 mesi di contributi versati utili alla pensione anticipata ordinaria. Ciò che i dottori commercialisti hanno sottolineato è che mentre per tasse e balzelli vari, la cancellazione sortisce l’effetto, positivo ed unico, di alleggerire il carico dei debiti del contribuente, per i contributi previdenziali tutto cambia.
Mentre per i lavoratori dipendenti vige il meccanismo dell’automaticità della prestazione previdenziale, per gli autonomi no. In parole povere, se un datore di lavoro non versa i contributi per un suo lavoratore, a quest’ultimo l’INPS finirà lo stesso con il riconoscere la prestazione. Se il lavoratore autonomo invece non versa i contributi per se stesso, la cancellazione delle cartelle lascerà vuoti contributivi nell’estratto conto. Un problema che riguarda quindi, commercianti, artigiani, autonomi in agricoltura e liberi professionisti.
Pensione, cancellazione o rottamazione cartelle: cosa fare per evitare guai seri
Grazie alle ultime novità in materia, con il governo che ha spostato le date di avvio della sanatoria per colpa delle questioni inerenti i debiti con gli enti locali, la data da cerchiare in rosso è il 31 marzo prossimo. Questa è la data entro cui i Comuni dovranno decidere per stralcio o cancellazione delle cartelle. Ma è la data che le associazioni dei dottori commercialisti indicano ai lavoratori autonomi che si trovano nella situazione prima esposta.