Adozione internazionale: i consigli di chi ci è riuscito nonostante costi alti e burocrazia | Intervista

Abbiamo intervistato una coppia che è riuscita a trovare il proprio bambino grazie all'adozione internazionale: l'odissea e la forza dell'amore che hanno portato un uomo e una donna a diventare mamma e papà.
7 anni fa
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Abbiamo parlato in nostri precedenti articoli delle leggi che regolano le adozioni, dalle quali tutto appare molto semplice. In realtà cosa viene richiesto alla coppie che vogliono adottare un figlio?

I requisiti per adottare un bambino sono molteplici ma se si è una coppia formata (bisogna essere sposati da almeno 3 anni) e non ci sono patologie gravi, si ha una casa di proprietà e un lavoro stabile. Queste sono le cose che vengono richieste se si incontrano le persone giuste.

In una precedente chiacchierata mi avete detto si esservi sentiti abusati dagli assistenti sociali, vi va di raccontare ai nostri lettori cosa avete dovuto subire?

Dopo il percorso effettuato con gli assistenti sociali di oltre sei mesi, è necessario anche un incontro con il giudice minorile preposto all’adozione.

Anche in questo caso è necessario avere i nervi saldi subendo determinati atteggiamenti: non sempre, infatti, si è fortunati ad incontrare il giudice che capisce e che ti viene incontro. Noi anche con il giudice siamo stati molto sfortunati perchè ne abbiamo incontrato uno molto arrabbiato con la vita e con il mondo. Quando da mio marito è stato detto che in ogni famiglia ci sono delle regole il giudice ha dato parere negativo su di noi come coppia perchè mio marito è stato definito un violento e io un’incapace. Abbiamo, quindi, dovuto rifare tutto: ripresentare la domanda, rifare l’iter con gli assistenti sociali, perdendo ancora altro tempo. Al secondo incontro con i giudici, però, ci hanno chiesto scusa per come eravamo stati trattati in precedenza, fatti di cui erano a conoscenza per aver letto il giudizio dell’incontro precedente. Questa volta, però, chi ci stava di fronte ci ha visto per quello che eravamo, delle persone per bene che volevano soltanto diventare mamma e papà di un bambino. Quando si ha la voglia di diventare genitori, in ogni caso, si cerca di superare tutto con pazienza, tenendo gli occhi puntati solo sull’obiettivo finale, superando tutte le prove cui vieni sottoposto.
Noi ci abbiamo creduto fin dall’inizio e proprio per questo siamo riusciti ad essere più forti della burocrazia, noi sapevamo che nostro figlio era lì, da qualche parte che ci aspettava e il nostro scopo era solo quello di portarlo a casa con noi.

L’adozione internazionale, oltre ad essere molto più lunga richiede anche costi più elevati rispetto a quella nazionale, come mai avete deciso di adottare un bambino straniero?

Mi chiedi perchè l’estero e non l’Italia: l’Italia è ancora piena di interessi economici che si nascondo dietro il business delle adozioni. Proprio per i troppi soldi che ci sono in ballo in Italia si tende a tenere i bambini nelle strutture perchè su ogni bambino, devi sapere, che queste strutture ricevono dai 200 ai 500 euro al giorno, anche se poi non vengono tenuti in situazioni belle e che giustifichino tali costi. In Italia, quindi, si preferisce non rendere adottabili i bambini nelle strutture proprio per il giro di soldi che c’è dietro . Proprio per questo ci è stato consigliato di rivolgerci all’estero per non far scadere di nuovo la domanda (con la fortuna che avevamo sicuramente sarebbe scaduta di nuovo). Abbiamo dovuto contattare un’associazione che si interessava alle adozioni internazionali; quella cui ci siamo rivolti noi si occupava delle adozioni dall’Ungheria.

Cosa ha comportato aver scelto l’adozione internazionale in Ungheria?

In Ungheria siamo rimasti 45 giorni, anche se i tempi potevano essere più brevi se l’Italia fosse stata più veloce nella burocrazia. Dopo 30 giorni potevamo essere a casa, poiché quando il bambino viene affidato alla famiglia che vuole adottarlo per un mese, automaticamente dopo il mese si potrebbe rientrare in patria, ma si devono attendere i documenti in cui l’Italia dichiara che è consapevole che è stato adottato un bambino mandando i documenti in Ungheria per permetterti il rientro.

La permanenza in Ungheria è stata difficile, non ci sono molte persone in grado di comunicare in inglese ed è difficile relazionarsi. Sono stati, quindi, 45 giorni di solitudine con un bambino che non parla la tua lingua e con il quale, almeno all’inizio, è molto difficile comunicare, L’amore, però, supera ogni cosa, come abbiamo già ripetuto diverse volte, anche le barriere linguistiche. Dopo 45 giorni siamo rientrati in Italia con nostro figlio. Per il lavoro, io fortunatamente sono una dipendente statale e con l’affido del bambino automaticamente sono entrata in maternità, ma mio marito ha un’attività in proprio ed ha dovuto abbandonare per 45 giorni il proprio lavoro.

Adesso che l’odissea è finita e che avete il frutto del vostro amore in casa con voi da oltre 2 anni, che consigli vi sentite di dare alle coppie che si accingono a seguire lo stesso percorso che avete seguito voi?

I consigli che ci sentiamo di dare è che i cavilli burocratici, le leggi sono tanti e a volte sembrano insormontabili, però se affronti il tutto con forza e caparbietà e non ti fai spezzare le ali, dopo un tunnel, lungo anche diversi anni, dall’altra parte c’è il sole e quel sole è di chi ci crede e lo vuole. Il nostro sole è bellissimo, oggi ha 12 anni e possiamo dire di essere stati davvero dei genitori fortunati. Abbiamo saputo volare e forse più di tutto ci abbiamo creduto.

Ringraziamo questa coppia per aver voluto condividere la propria storia con noi e con tutti i nostri lettori.

A cura di Patrizia Del Pidio
dedicata al un bambino speciale
Se volete raccontare la vostra storia contattatemi

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