Il Consiglio dei ministri di stasera potrebbe cambiare il Ddl Santanchè di luglio con il quale era stata introdotta una mini-stretta sugli affitti brevi. Il governo avrebbe intenzione di varare un decreto legge, ossia un provvedimento d’urgenza. E già questo sta facendo discutere, con le categorie interessate a notare che non vi sarebbero i presupposti formali. Sarebbe confermata la durata minima di due pernottamenti consecutivi, a meno che non si tratti di una famiglia con almeno tre figli. In caso di trasgressione, la sanzione applicata varierebbe da 1.000 a 5.000 euro e il contratto sarebbe considerato nullo.
Tramite procedura automatizzata, il Ministero del Turismo assegnerebbe a livello nazionale un Codice Identificativo Nazionale (CIN) ad ogni immobile utilizzato per gli affitti brevi. Se il proprietario non lo esporrà sui siti o davanti casa, rischia una sanzione da 800 a 8.000 euro. Introdotto anche l’obbligo di dotarsi di norme di sicurezza contro gli incendi e per la rilevazione di monossido di carbonio. Obblighi aggiuntivi si avrebbero nel caso di superamento di 25 posti letto. L’assenza di dispositivi infliggerebbe al proprietario una sanzione da 600 a 6.000 euro.
Niente cedolare secca oltre due immobili
Infine, niente cedolare secca al 21% per gli affitti brevi relativi a più di due immobili. Dal terzo, infatti, scatta l’obbligo per il proprietario di aprire la partita IVA. Ad oggi, l’attività non è considerata d’impresa fino a quattro immobili. Insomma, un testo abbastanza restrittivo rispetto alla normativa attuale. Se è vero che in giro per l’Europa esistono da tempo limitazioni ancora più stringenti, il tema sta diventando caldissimo anche sul piano politico.
La Lega con il vice-premier Matteo Salvini invoca la tutela del diritto di proprietà. I limiti agli affitti brevi, spiega, cozzano con la libera disposizione dell’immobile da parte del proprietario. E’ evidente che sul provvedimento in atteso di varo abbiano sortito effetti le pressioni di Federalberghi, che da tempo lamenta una disparità di trattamento a discapito delle strutture alberghiere.
Stretta su affitti brevi non soluzione per carenza immobili in grandi città
Il tema è ancora più vasto. Colpire gli affitti brevi non necessariamente equivale ad aumentare l’offerta di immobili ad uso residenziale nelle grandi città. Tra rischi di morosità dell’inquilino e minori ricavi locando casa con contratti lunghi, il problema resterebbe. Semmai, si ridurrebbe la disponibilità di posti letto per turisti, che prima del boom dei B&B in Italia era stato un limite oggettivo, specie in alcune aree del Paese. Ciò andrebbe a vantaggio degli alberghi, ma innescherebbe un ulteriore aumento dei prezzi, che bene non ha fatto questa estate al turismo italiano.
Infine, il governo rischia di varare norme manifesto, vale a dire senza la possibilità concreta di renderle attuabili per via degli scarsi controlli, oltretutto difficili da effettuare. Emerge, comunque, una preoccupante compressione del diritto di proprietà, fatto atipico per un esecutivo di centro-destra. C’è la sensazione, tuttavia, che il decreto di stasera non sarà il testo definitivo con cui si confronteranno i proprietari di immobili. Sarà verosimilmente il Parlamento ad apportare eventuali modifiche, magari in sede di conversione in legge.