Afghanistan da tre anni sotto i talebani: sottosuolo ricchissimo e coltivazioni di oppio quasi azzerate

Talebani da tre anni al potere in Afghanistan. L'economia resta poverissima, ma il sottosuolo sarebbe molto ricco e le coltivazioni di oppio sono state sradicate.
1 mese fa
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Afghanistan sotto i talebani da tre anni
Afghanistan sotto i talebani da tre anni © Licenza Creative Commons

Sono passati esattamente tre anni dal ritorno al potere dei talebani in Afghanistan. Era il Ferragosto del 2021 quando gli studenti del Corano entravano a Kabul praticamente senza sparare un colpo. L’esercito si era arreso dopo che il presidente Ashraf Ghani era fuggito all’estero. I militari americani avevano lasciato il paese nei giorni precedenti dopo ben venti anni. Migliaia di afghani tentarono disperatamente una fuga vana, accorrendo verso l’aeroporto internazionale della capitale per sfuggire a possibili ritorsioni con il cambio di regime.

Di certo, per non sottostare alle nuove leggi, memori dei cinque anni già vissuti sotto i talebani tra il 1996 e il 2001.

Ritorno al potere dei talebani oscurato dai media

Sono trascorsi tre anni da quella data infausta, ma di Afghanistan non sentiamo più parlare, oscurato dalla guerra tra Russia e Ucraina prima e da quella tra Israele e Hamas nell’ultimo anno. Eppure i talebani esistono e non sono cambiati affatto rispetto a quasi trenta anni fa. Impediscono alle ragazze sopra i 12 anni di frequentare la scuola, non consentono alle donne di lavorare negli uffici pubblici e persino in molti ambiti nel settore privato. Le bambine possono frequentare corsi scolastici in aule separate rispetto ai coetanei maschi. Non c’è parvenza di libertà e democrazia per nessuno.

L’Afghanistan è un paese poverissimo. Pensate che prima ancora che i talebani tornassero al potere, il Pil pro-capite era stimato attorno ai 400-500 dollari. Un ventennio di occupazione americana non è bastato a rilanciare le sorti dell’economia. Troppi gli impedimenti allo sviluppo. Anzitutto, il paese è in guerra costante dal 1979 e gran parte della popolazione risulta mutilata. L’istruzione scarseggia fuori da Kabul, le infrastrutture sono inesistenti tra scarsissimi investimenti e distruzioni frequenti a causa dei conflitti interni. E di certo i capitali esteri non affluiscono in un paese con appeal così risibile.

Coltivazioni di oppio distrutte

La situazione sarebbe drasticamente peggiorata. Il Pil sarebbe collassato con il ritorno dei talebani, non perché stiano gestendo l’economia molto peggio dei predecessori “democratici”. Semplicemente, questo era composto per tre quarti da aiuti dall’estero e spese effettuate dai militari stranieri di stanza nell’Afghanistan. E c’è da dire che una principale fonte di reddito per centinaia di migliaia di agricoltori era la coltivazione dell’oppio. Tant’è che gli afghani sono stati responsabili dell’80% di tutto l’oppio consumato nel mondo e del 95% dell’eroina. Otto mesi dopo il ritorno al potere, hanno vietato le coltivazioni. Esse risultano essersi ridotte del 95%.

Attenzione a pensare che i talebani si siano sempre attenuti ai principi morali e religiosi che sbandierano. Quando combattevano il governo centrale, l’oppio era una loro fonte principale di finanziamento. Imponevano il pizzo agli agricoltori e in cambio lasciavano in pace i loro campi. La buona notizia è che il mondo registra una fortissima penuria di oppio da qualche anno, la cattiva è che molti agricoltori afghani sono rimasti senza reddito. E c’è da dire che molti consumatori di droghe in Occidente, a partire dagli Stati Uniti, hanno sostituito l’eroina con l’ancora più micidiale fentanyl.

Riserve valutarie restano bloccate

Il ministro degli Esteri, Amir Khan Muttaqi, lamenta che la comunità internazionale non stia facendo la sua parte, contrariamente all’Afghanistan. In sostanza, ha preteso lo sradicamento dell’oppio senza offrire nulla in cambio. Anzi, gli Stati Uniti tengono bloccate da tre anni le riserve valutarie depositate sotto la precedente amministrazione presso la Federal Reserve. Parliamo di 7 dei 9 miliardi teoricamente a disposizione della banca centrale, a cui i talebani non possono accedere. E la ragione è semplice: non esiste un solo stato al mondo che riconosca l’Emirato Islamico dell’Afghanistan.

Sottosuolo ricco di minerali come terre rare

Dicevamo che il paese è poverissimo, ma potenzialmente sarebbe ricco.

Nel suo sottosuolo, gli esperti nel 2010 stimarono la presenza di minerali come ferro, oro e rame e terre rare per almeno 1.000 miliardi di dollari. E chissà che la cifra non sia lievitata nel frattempo, viste le mutate quotazioni internazionali dei metalli. A fare gola a tutti, in particolare, è il litio. Pensate che gli Stati Uniti calcolano che l’Afghanistan possa estrarne quanto la Bolivia. Si tratta di un minerale essenziale per la transizione energetica e attualmente estratto quasi del tutto in Cina.

Ad essere sinceri, un altro stato asiatico disporrebbe di grandi ricchezze nel sottosuolo: la Corea del Nord. Negli anni passati si stimò che il regime comunista sieda su una miniera di 6.000 miliardi di dollari. Due stati paria, che se si aprissero al resto del mondo sarebbero non solo in grado di svilupparsi, ma anche di cambiare la geopolitica per l’impatto che avrebbero le rispettive estrazioni.

Forse è anche per questo che paesi come Cina, India e Russia tengono aperti i canali di comunicazione con i talebani. Questi hanno rotto clamorosamente con il Pakistan, storicamente non solo il loro principale alleato, ma anche il luogo in cui furono addestrati nelle madrasse alla fine degli anni Novanta in funzione anti-sovietica. Ufficialmente, per Islamabad adesso gli studenti del Corano sono “terroristi”. La tensione tra i due stati ha spinto Nuova Delhi a tentare un approccio verso Kabul per ingraziarsi i nuovi nemici del suo nemico storico (il Pakistan per l’appunto).

Talebani isolati nel mondo, ma ancora per molto?

Tutti vogliono mettere le mani sul sottosuolo afghano, ma nessuno ad oggi ci è riuscito, neanche gli americani. Eppure questi spesero almeno 1.000 miliardi di dollari in venti anni di occupazione militare. Il fatto è che le estrazioni richiedono perlomeno un periodo non breve di cessazione dei conflitti, oltre che la disponibilità di acqua e di infrastrutture. Invece, la tensione nell’Afghanistan resta.

I talebani lottano contro l’Isis, che li considera “moderati”. E il paese soffre anche la siccità, mentre non ci sono soldi per costruire strade, acquedotti, ferrovie, ecc. Eppure sarebbe potenzialmente uno snodo fondamentale per i traffici commerciali tra Russia e Asia Centrale da una parte e India e Pakistan dall’altra, nonché tra Iran e Asia Centrale/Cina. Ma se nessuno riconosce ufficialmente i talebani, difficile che possa farci affari alla luce del sole. Si vocifera che presto la Russia possa infrangere il tabù. D’altronde il regime di Putin non ha alcuna faccia da perdere.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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