Il World Economic Forum di Davos, in Svizzera, è ogni anno puntualmente disertato dai principali capi di stato e di governo. Essi non snobbano l’evento, ma si mostrano consapevoli che sia percepito negativamente dalle opinioni pubbliche nazionali. Quasi si trattasse di un ritrovo per ricchi distanti dalla realtà quotidiana e dai bisogni delle persone comuni. Ma per Javier Milei l’appuntamento è stato un’occasione per debuttare tra i grandi della Terra. Eletto presidente dell’Argentina a novembre e insediatosi a Casa Rosada il 15 dicembre scorso, ha già iniziato a smantellare decenni di peronismo, che tanti disastri hanno provocato nel paese sudamericano.
Primi provvedimenti anti-crisi in Argentina
Ha già svalutato il cambio del 54%, varato un decreto per le liberalizzazioni, tagliato i sussidi e ottenuto un primo prestito dal Fondo Monetario Internazionale con l’obiettivo di guadagnare tempo per negoziare una ristrutturazione del debito da 44 miliardi di dollari contratto con l’ente. E al Forum di Davos Milei si è presentato nelle vesti di difensore del capitalismo e dell’Occidente contro la minaccia “dell’agenda socialista“.
Un intervento energico, orgoglioso e persino coraggioso per i contenuti. A Davos sarà anche presente il gotha del capitalismo finanziario e industriale planetario, ma i governi generalmente balbettano nel difendere il libero mercato e le loro posizioni da anni stanno diventando sempre più regolarmente inclini all’interventismo statale in economia. Per questo il discorso di Milei è stato per certi versi clamoroso. A difendere il nostro sistema economico, fondato sulla libertà individuale e sull’impresa, non è stato un esponente del “primo mondo”, cioè del Nord America, dell’Europa, del Giappone o dell’Australia. No, è stato il neopresidente di un’economia emergente così malmessa da rischiare il decimo default della sua storia, il quarto dall’inizio di questo secolo.
Milei cita Reagan e si avvicina a Londra
A torto, Milei è stato definito “populista” da una stampa occidentale figlia dei tempi.
Parlando al Forum di Davos, ha rievocato uno dei suoi miti, Ronald Reagan, quando ha dichiarato che “lo stato non è la soluzione; lo stato è il problema”. E pensate che ha avuto un incontro molto caloroso con il ministro degli Esteri britannico, l’ex premier David Cameron. Cosa c’è di strano? L’Argentina fu sconfitta nel 1982 dalle truppe di Margaret Thatcher nella guerra per le isole Falklands o Malvinas. Ciononostante, Milei non nasconde la sua ammirazione proprio per la Lady di Ferro e il paese che rappresentò.
L’attacco all’agenda socialista
Ma di Milei l’Occidente continua a parlare con un certo imbarazzo. Egli, infatti, ha ricordato a Davos che certe agende mirano al controllo dell’economia, finendo per creare più povertà. Ha fatto esplicito riferimento al femminismo, così come all’ambientalismo. In parole povere, ha fatto presente a chi lo ascoltava che non fa parte della tradizione liberal-capitalistica creare regolamentazioni e restrizioni in nome di quella che ha assunto tutti i contorni di un’ideologia, per non dire religione. E questo fa molto male a un establishment che sta investendo tutto il proprio capitale politico e persino economico in favore della cosiddetta transizione energetica, quali che siano i costi provocati a industria, consumatori e contribuenti.
Milei è un genuino libertario, cosa che non sin può dire praticamente di nessun leader di quello che ancora chiamiamo Occidente. Egli vuole assegnare maggiore libertà agli individui, mentre tutti i governi del mondo avanzato ipotizzano e introducono da tempo crescenti restrizioni alla libertà dei loro cittadini.
Milei unico difensore a Davos del capitalismo liberale
L’edizione del Forum di Davos di quest’anno ha come titolo “Ristabilire la Fiducia”. Evidentemente, persino il gotha del capitalismo e i governi hanno compreso quanto poca credibilità riscuotano tra gli abitanti della Terra. Ma le soluzioni vanno nella direzione diametralmente opposta a quelle che servirebbero per accorciare le distanze con l’uomo comune. Principale preoccupazione resta la lotta alle “fake news”, mentre non sono in discussione le politiche imposte alle opinioni pubbliche. Chi non concorda, è vittima di disinformazione e non esiste il minimo dubbio che possegga basi solide per avere un’idea diversa delle cose.
Il metodo dice tutto di questa stagione. Sembra essere tornati agli anni Settanta di Leonid Breznev in Unione Sovietica, dove il dissenso non era ammesso e la stampa aveva quale unica ragione di esistere quella di propagandare le veline del regime comunista senza alcuno spirito critico. E allora teniamoci stretto questo Milei, noto anche come El Loco (“Il pazzo”). Ma siamo sicuri che egli sia il pazzo o forse sono i governi cosiddetti “democratici” ad avere perso il lume della ragione? Forse aveva ragione Franco Battiato quando cantava “in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore”.