Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, ha smentito che quel suo riferimento al “51% di Alitalia in capo all’Italia” abbia voluto preludere alla ri-nazionalizzazione della compagnia aerea. Questione chiusa? Per niente. Se il 51% in mani italiane di cui ha parlato il ministro non si riferisce allo stato, chi altri dovrebbe prendere le redini del vettore? In teoria, l’unica risposta valida rimasta sarebbero i privati. Eppure, sono gli stessi ad essersela data a gambe dopo il flop a carico dei contribuenti dei “capitani coraggiosi” di berlusconiana memoria.
Alitalia, Ilva e Ferrove: seguiamo la lezione di Marchionne senza retorica buonista
In assenza di privati connazionali disposti a rilanciare la compagnia con maxi-iniezioni di capitali, non resterebbero che tre soluzioni: trovare investitori stranieri, nazionalizzare Alitalia attraverso qualche stratagemma o lasciare fallire la compagnia. Nel primo caso, il governo avrebbe intenzione di limitarne la quota al 49% del capitale. Stando così le cose, non si vede chi possa investire in una società decotta, in cui a comandare sarebbe qualcun altro per volontà politica. E allora, scartando l’ipotesi del fallimento, che pure sarebbe l’unica davvero convincente in un mondo razionale e non caratterizzato da consenso spicciolo, l’unica soluzione resterebbe quella di appioppare Alitalia in capo allo stato; ma non direttamente, così da salvaguardare le forme.
Alitalia accollata alle Ferrovie?
Attenzione a un altro dato: il cda di Ferrovie dello stato è stato da poco rinnovato da Toninelli, che ha rimosso il vecchio board “filo-renziano” dietro il cavillo delle indagini per corruzioni a carico dell’ex ad Renato Mazzoncini. Al suo posto è stato nominato Gianfranco Battisti, mentre Gianluca Vittorio Castelli è andato alla presidenza. Nell’annunciare il rinnovo, il ministro ha fatto presente che la fusione tra Fs e Anas, voluta dal precedente governo, non si farà. Che forse abbia in mente di sostituirla con un’operazione del tutto simile, ma che abbia ad oggetto l’acquisizione di Alitalia? Treni e aerei per “fare sistema”. Questo verrebbe inculcato agli italiani, ossia che si tratterebbe di un investimento del tutto naturale per la società dei binari.
Il biglietto Alitalia che tutti paghiamo anche senza prendere mai un volo
Speriamo che le nostre siano solo elucubrazioni frutto della calura estiva, altrimenti saremmo dinnanzi all’ennesimo disastro industriale annunciato e giocato sulla pelle dei contribuenti. Per rilanciare Alitalia nel lungo raggio servirebbero non meno di 3 miliardi. E ci sono i 900 milioni più gli interessi del prestito dello stato da restituire. Insomma, la nuova proprietà si dovrebbe accollare non meno di 4 miliardi tra investimenti e oneri finanziari per fare ripartire la compagnia.