Alitalia non vola più dal settembre del 2021, ma continua a far parlare di sé dopo che la Commissione europea ha bocciato il prestito da 400 milioni di euro concesso dallo stato italiano nel 2018. Si tratta di aiuti di stato “illegali” per Bruxelles. Due le ragioni alla base della decisione. La prima è che il governo in quel caso si limitò a garantire la continuità aziendale senza una previa valutazione delle possibilità di riscuotere il finanziamento erogato. La seconda riguarda il fatto che già la compagnia avesse ottenuto 900 milioni di euro nel 2017, soldi che non era stata in grado di restituire.
Ed è così che con la decisione di ieri la Commissione ha stabilito la restituzione del prestito Alitalia più gli interessi. Molti di voi avranno giubilato alla notizia. Saranno pure spiccioli per il bilancio dello stato, ma perlomeno passa il principio che i soldi dei contribuenti non possano finire nel buco nero dei finti salvataggi. Ma la vera notizia è che Alitalia non restituirà probabilmente un solo centesimo del prestito ottenuto. Già due anni fa, ad esempio, la Commissione aveva condannato alla restituzione dei 900 milioni versati dallo stato nel 2017 e abbuonati dal primo governo Conte un anno più tardi. Dopo ieri, Alitalia ci deve formalmente 1,3 miliardi più 250 milioni di interessi.
Tuttavia, la stessa Commissione fa chiarezza circa il fatto che ITA Airways non deve considerarsi l’erede formale di Alitalia. Pertanto, tenuta alla restituzione sarà anche stavolta la vecchia compagnia, cioè la scatola vuota rimasta in pancia all’amministrazione straordinaria dello stato. Vuota di asset, ma piena di debiti. Il rimborso, spiega Bruxelles, dovrà avvenire “nei limiti dei ricavi derivanti dalla vendita degli asset e dal valore di qualsiasi bene rimasto invenduto”. Il credito dello stato dovrà essere riscosso registrando la richiesta nella gerarchia dei creditori.
Prestito Alitalia mai rimborsato problema per marchio
Stiamo parlando del nulla, anche se la decisione non rimarrà priva di conseguenze. ITA Airways ha rilevato il marchio Alitalia per 90 milioni di euro e Lufthansa, in corsa per acquisire la nuova compagnia italiana, ha parlato nelle scorse settimane della possibilità “tra alcuni anni” di riesumare tale marchio. Perché non subito? Perché esso porta con sé nell’immediato più costi che benefici. Se ti presenti sul mercato dicendo che sei Alitalia, devi pagarne i debiti. Non solo allo stato italiano, ma anche ai creditori privati. Verosimile che avverrà quando la procedura fallimentare si sarà conclusa e nessun creditore legalmente vanterà più diritti.
Per i contribuenti italiani si tratta di una beffa bella e buona. Gli oltre 1,5 miliardi di prestiti a fondo perduto non saranno mai incassati. La società ha divorato risorse per decenni senza essere riuscita a mettersi in sesto. La mala gestione di politici e sindacati si è rivelata esiziale per l’ex compagnia di bandiera di un paese ad alta vocazione turistica. E il debutto di ITA non è stato tra i migliori. C’è stata la pandemia, ma nel 2022 il rosso ha sfiorato il mezzo miliardo. L’unica speranza è che i tedeschi riescano a farcela laddove gli italiani, “capitani coraggiosi” compresi, hanno fallito: a fare soldi trasportando i viaggiatori nei cieli.