La Francia è in collera, pesantemente. Anche ieri si sono tenute 200 manifestazioni in tutto il paese per protestare contro la riforma delle pensioni e la decisione del presidente Emmanuel Macron di farla approvare senza il consenso del Parlamento, attivando l’art. 49.3 della Costituzione. La partecipazione non sarebbe stata massiccia come giovedì scorso, quando in strada sono scesi più di un milione di persone. Tuttavia, la mobilitazione resta alta e il governo ha paura delle conseguenze di questo clima di scontro e di estrema impopolarità.
Riforma pensioni, punti salienti
Contro cosa protestano i francesi? La riforma delle pensioni prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Per i lavori usuranti sale da 57 a 59 anni. Tra questi vi sono gli operatori ecologici, che da giorni hanno smesso di raccogliere i rifiuti, lasciando le città maleodoranti e i bordi delle strade pieni di sacchi dell’immondizia. L’assegno pieno scatterà con 43 anni di contributi dai 42 di oggi. Il problema è che l’assegno medio risulta già essere basso: al 60% dell’ultima retribuzione contro quasi il 75% dell’Italia. Pensate che da noi tenderemmo ai livelli odierni francesi solo tra diversi decenni, quando il metodo contributivo sarà l’unica modalità di calcolo per i futuri pensionati.
E l’innalzamento delle pensioni minime a 1.200 euro non è quel che sembra. Poiché serviranno più contributi per raggiungerla, bisognerà lavorare più anni. In pratica, l’assegno pieno scatta con 65 anni di età e 40 anni di contributi in alternativa ai 43 anni di soli contributi. A 64 anni si potrà andare in pensione, ma con una penalizzazione dell’assegno. A tal fine, saranno introdotti incentivi per chi lascerà il lavoro più tardi.
Le proteste stanno non solo paralizzando la Francia, ma anche facendo tremare i palazzi del potere. La scena, un po’ patetica e un po’ inutile di un Macron che si toglie l’orologio in diretta TV sotto il tavolo per nascondere l’accessorio costoso mentre parla di sacrifici per i francesi, cela il grande timore del governo: lo scontro tra piazza e politica. E storicamente in Francia ha sempre vinto la prima. Da Luigi XVI in avanti, il peuple ha avuto la meglio su monarchi, presidenti e premier in rotta di collisione con esso.
Banche nel mirino di Parigi
Il popolo ha fame? Dategli le brioche, avrebbe replicato Maria Antonietta. Una battuta storicamente non provata, che le costò letteralmente la testa. Ecco che la Francia del XXI secolo sembra aver trovato risposte tendenzialmente più convincenti per placare le ire dei citoyens. Ieri, nelle sedi di cinque grandi banche ci sono state perquisizioni disposte dal Parquet National Financier (PFN), un organismo finanziario istituito nel 2013 e che si occupa di gravi reati di natura economica. I crimini ipotizzati sarebbero riciclaggio di denaro e truffa fiscale aggravata. Le banche oggetto dei raid risulterebbero Société Générale, che ha ammesso la perquisizione, BNP Paribas, Exane, Natixis e il colosso britannico HSBC.
I media francesi hanno parlato di 140 miliardi di euro di imposte evase in venti anni dai clienti aiutati dalle banche. Le sole multe ammonterebbero a 1 miliardo. I giudici inquirenti avrebbero studiato il caso da mesi. Certo, un blitz del genere non s’improvvisa in due giorni e neppure in due settimane. Ma fa specie che le carte escano fuori nel momento di massima impopolarità del governo francese e con piazze tumultuose. Non vi è nulla di più popolare che attaccare le banche, specie in una fase come questa. Spostare l’attenzione mediatica sull’avidità dei banchieri avidi e cattivi e prospettare al popolo di spillare fino all’ultimo centesimo dei presunti denari evasi, potrebbe funzionare per riappacificarsi con la piazza.
Passo indietro Macron difficilissimo
O forse c’è qualcosa di peggio in queste perquisizioni, ossia che le istituzioni francesi si stiano preparando allo scenario di un qualche salvataggio di stato per una o più banche domestiche. In questo modo, passerebbe il messaggio che chi sbaglia paga, che lo stato non si limiti a sborsare i soldi dei contribuenti per riparare ai danni dei banchieri. Chissà se stiano così le cose o se si tratti di una semplice coincidenza temporale. La sensazione è che i francesi non abbiano l’anello al naso e che le proteste di piazza non saranno sventate con qualche opera di maquillage mediatico. Ma il ritiro della riforma delle pensioni, a questo punto, avrebbe tutto l’aspetto di una disfatta madornale per Macron. Sarebbe finito in patria e all’estero, non gli rimarrebbe un briciolo di credibilità.
Tuttavia, i suoi stessi uomini puntano a fare concessioni alla piazza, riconoscendo che la riforma non sarebbe stata spiegata bene. Lo stesso presidente ha ammesso un difetto di comunicazione. Uscirne non sarà facile e non è detto che le concessioni otterrebbero il risultato di far risalire i consensi di Palazzo Matignon ed Eliseo. Nel frattempo, Macron deve sperare che altro distragga i francesi. E chissà se da banchiere non intenda imporre qualche “sacrificio” d’immagine ai suoi ex colleghi.