Solo qualche presa di profitto nella seduta odierna, ma il rally dei bond cinesi nelle ultime settimane ha già portato i rendimenti ai minimi storici lunga la curva dei tassi. La scadenza a 10 anni è arrivata ad offrire l’1,72% in chiusura di seduta ieri, mentre la scadenza a 30 anni ha chiuso all’1,96%. Entrambe non erano mai scese sotto il 2% prima di questo mese di dicembre. Riflesso della bassa inflazione, che nel mese di novembre è scesa allo 0,2%.
Allarme di Pechino
Ma nelle scorse ore è arrivato l’allarme della Banca Popolare Cinese, che ha invitato a porre attenzione ai rischi sui tassi derivanti dalle scommesse unilaterali sulla loro direzione futura.
A preoccupare è, soprattutto, il bassissimo livello dei rendimenti raggiunto ultimamente dai bond cinesi a lungo termine. Pechino teme contraccolpi finanziari per le banche, in particolare, nel caso in cui tornassero a salire.
Mercati non fiduciosi dello stimolo fiscale
Bisogna ammettere che questa condizione sia favorevole all’adozione di una politica fiscale espansiva. Rendimenti molto bassi consentono al governo di indebitarsi a costi contenuti sul mercato e anche per il lungo periodo. Il governo ha già previsto emissioni per 10.000 miliardi di yuan (circa 1.370 miliardi di dollari) per i prossimi anni. Finanzieranno investimenti pubblici. Uno stimolo fiscale che non ha impressionato gli investitori, i quali rimangono perplessi circa le prospettive di crescita future.
E ciò spiegherebbe l’allarme dell’istituto centrale, in apparenza incoerente con i vantaggi che bond cinesi a basso rendimento comportano per i conti pubblici. Il punto è che questa condizione denota aspettative “fredde” non solo con riferimento all’inflazione, ma anche alla crescita. In sostanza, il rally obbligazionario di questi mesi rifletterebbe il pessimismo sullo stato della seconda economia mondiale.
E Pechino vuole minimizzare questa spia, quasi mostrandosi contrariata con il mercato per averla accesa in maniera eclatante.
Bond cinesi spia di pessimismo
I rendimenti decennali sono sprofondati dello 0,30% in meno di tre settimane, i rendimenti decennali dello 0,50% in meno di due mesi. L’iper-apprezzamento dei bond cinesi rischia di anticipare la temuta “sindrome giapponese“, caratterizzata da bassi tassi di interesse, bassa crescita e inflazione sostanzialmente azzerata. In questo rally c’è l’effetto Trump. L’elezione dell’ex presidente a novembre ha peggiorato le aspettative sulla Cina da parte di analisti e investitori, in conseguenza della sua politica dei dazi minacciata particolarmente ai danni delle merci cinesi. D’altra parte la concorrenza ai bond europei si fa meno intensa e ciò può favorire nei prossimi mesi gli investimenti esteri nel Vecchio Continente.