In Italia è allarme spread, nonostante la grande stampa ignori volutamente o per ignoranza il tema. A leggere il grafico dei rendimenti dei titoli di stato italiani, non si direbbe a prima vista che vi sia un’emergenza, se è vero che in un paio di settimane il differenziale con i Bund emessi dalla Germania si è ridotto di 17 punti base, scendendo da oltre 210 ai 193 bp di venerdì pomeriggio. Ed è vero, per quanto non possiamo non notare che si tratti del dato più alto da oltre tre anni.
Un anno fa, lo spread BTp-Bonos a 10 anni era di appena 10-15 bp e all’inizio del 2017 era ancora compreso tra i 50 e i 55 bp. In valore assoluto, i rendimenti dei nostri bond sono un po’ scesi dai massimi degli ultimi dall’estate 2015, toccati a metà di aprile. Il punto è che sono calati più rapidamente quelli spagnoli, man mano che si è raffreddata la temperatura sulle elezioni in Francia e che la BCE ha segnalato l’intenzione di non ritirare a breve gli stimoli. (Leggi anche: Spread BTp-Bund a 210 punti, paura per elezioni in Francia colpisce l’Italia)
Spread BTp-Bund meno significativo
Il gap con i Bund, che fino al varo del “quantitative easing” misurava la febbre del malato italiano, oggi appare molto meno significativo. I titoli tedeschi continuano a rendere molto poco, nonostante l’inflazione in Germania e nel resto dell’Eurozona si sia impennata in pochi mesi, passando da negativa a intorno il 2%.
Tuttavia, lo spread crescente con la Spagna è preoccupante, perché segnala una frattura all’interno della stessa “periferia” finanziaria dell’Eurozona, ovvero che la percezione sui mercati dell’Italia si indebolisce relativamente non solo a quella delle economie principali, bensì pure di una delle grandi secondarie dell’area. Le ragioni di questo divario crescente e sfavorevole all’Italia sono economiche e politiche. (Leggi anche: Crisi euro, capitali in fuga da Italia e Spagna verso la Germania)