Sono passati pochi giorni da quando la famiglia Agnelli ha annunciato l’addio a Piazza Affari, spostando la quotazione di Exor da Milano ad Amsterdam. La holding è già da anni società di diritto olandese, tra poche settimane le sue azioni saranno negoziabili solamente in Olanda. Un altro brutto colpo a Borsa Italiana lo ha dato ieri Diego Della Valle con il lancio dell’OPA sul 25,55% del capitale di Tod’s non posseduto direttamente o in concerto con Lvhm. Offre 40 euro per ciascuna azione portata in adesione.
Anche Della Valle saluta Milano
Diego Della Valle dovrà sborsare fino a un massimo di 338,149 milioni di euro nel caso in cui aderissero tutti gli azionisti di minoranza. L’obiettivo dell’imprenditore è di valorizzare i marchi del gruppo (Tod’s, Roger Vivier, Hogan e Fay) e per farlo ritiene che si renda necessario effettuare il delisting, cioè il ritiro della quotazione da Piazza Affari. Secondo l’azionista di riferimento, infatti, tale opera di valorizzazione sarebbe poco compatibile con il mantenimento della struttura societaria attuale. A suo dire, meglio che non fosse quotata, perché altrimenti sarebbe necessario continuare a rendere conto periodicamente dei risultati agli azionisti.
Le azioni Tod’s erano schizzate a 63,85 euro nel giugno dello scorso anno, quando Della Valle cooptò l’influencer Chiara Ferragni nel consiglio di amministrazione. Da allora, la quotazione si era dimezzata prima dell’offerta, ragione per cui oggi la famiglia marchigiana può impossessarsi della totalità del capitale a forte sconto rispetto al suo valore potenziale. Sarà stata anche questa la ragione che ha indotto Della Valle, in concerto con il socio francese Lvhm, a lanciare l’OPA.
Piazza Affari perde pezzi e valore
Fatto sta che Piazza Affari perde un altro gioiello, il secondo in appena una settimana.
Ai valori attuali, Piazza Affari capitalizza meno di un terzo del PIL. E con l’addio di Exor e Tod’s, la situazione peggiorerà. La sola cassaforte degli Agnelli sfiorava ieri i 16 miliardi di euro di capitalizzazione. La marginalità di Milano è nei dati: incide per appena mezzo punto percentuale rispetto al valore complessivo delle borse mondiali. Era sopra il 2,20% nel 2005. E’ vero che il numero delle società quotate al 31 marzo scorso era salito a 410, ma si tratta di ingressi di scarso peso, mentre gli addii sono di quelli che fanno male.