Gli studi associati, composti da professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, sono anch’essi esclusi dal contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del decreto Rilancio. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella nuova Circolare n. 22/E del 21 luglio 2020.
In sostanza, dato che il menzionato art. 25 dispone che “il contributo a fondo perduto non spetta, ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103”, è stato chiesto all’Amministrazione finanziaria se gli studi associati composti da professionisti iscritti alle predette Casse di Previdenza siano o meno inclusi dell’ambito soggettivo di applicazione del contributo.
Contributo a fondo perduto: i soggetti esclusi
Nel dettaglio, il comma 2 dell’art. 25 prevede che il beneficio non spetta in ogni caso, ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza; agli enti pubblici di cui all’articolo 74; ai soggetti di cui all’articolo 162-bis del TUIR; e ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27, e 38 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia), nonché ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.
Dunque, come si evince anche dalla precedente Circolare n. 15/E del 13 giugno scorso, il contributo non spetta:
- agli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, dei comuni, delle unioni di comuni, dei consorzi tra enti locali, delle associazioni e degli enti gestori di demanio collettivo, delle comunità montane, delle province e delle regioni;
- agli intermediari finanziari, delle società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione non finanziaria ed assimilati;
- agli enti e delle persone fisiche che producono redditi non inclusi tra i quelli d’impresa o agrario, come ad esempio coloro che svolgono attività commerciali non esercitate abitualmente o attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, producendo conseguentemente redditi diversi;
- a coloro che hanno l’esclusivo status di lavoratore dipendente;
- a chi ha percepito o percepisce le indennità già previste dal decreto Cura Italia;
- agli esercenti arti e professionisti, iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria (commercialisti, avvocati, ecc.).
Pertanto, con riferimento al quesito di cui in premessa, visto che quest’ultima categoria di soggetti è esclusa dal beneficio, ne consegue che “gli studi associati composti da tali soggetti, non acquisendo propria autonomia giuridica rispetto ai singoli soggetti, restano parimenti esclusi”.