L’inflazione è tornata ad occupare le cronache economiche e politiche quest’anno. Ci eravamo dimenticati della sua stessa esistenza e dopo oltre un decennio passato a perseguirla come un feticcio ideologico, le banche centrali hanno ottenuto una risposta tutt’altro che desiderata. E qual è la protezione per eccellenza dall’inflazione? L’oro. Almeno questo ci insegnano millenni di storia, dato che il metallo tende ad apprezzarsi proprio nelle fasi di maggiore perdita del potere di acquisto. Come vedremo, quest’anno non ha deluso le aspettative, contrariamente all’argento, altro asset di cui parleremo.
Bene oro contro inflazione
Dicevamo, oro come difesa contro l’aumento dei prezzi al consumo. Eppure le quotazioni internazionali quest’anno sono scese del 10%. Va detto, però, che essendo denominate in dollari, risulta che alla fine in euro si siano apprezzate di quasi il 6%. Bene, ma non benissimo. Perché nel frattempo i tassi d’inflazione nell’Eurozona – ma lo stesso dicasi per tutte le principali economie mondiali – sono schizzati fino alla doppia cifra, come in Germania con la pubblicazione ieri del dato di settembre (10,9%).
Su base annua, però, le quotazioni dell’oro in euro risultavano ieri salite del 12%. Dunque, hanno battuto tutti i tassi d’inflazione delle grandi economie del continente. Non si può dire lo stesso dell’argento, che ha perso circa l’1,5% nell’ultimo anno, un dato che sale al 20% per le quotazioni in dollari. Ma non è la prima volta che scriviamo di come l’argento non sia una protezione adeguata contro l’inflazione.
Potenziale rialzista per argento
In effetti, esso è acquistato perlopiù per scopi industriali e di gioielleria. Gli investimenti di natura finanziaria non rappresentano il caso standard. Essendo legato all’attività produttiva, l’argento ha risentito negativamente delle previsioni fosche a causa della crisi energetica in Europa. E dire che ci siamo lasciati alle spalle da poco i lockdown contro la pandemia.
Certo, può accadere che un inverno rigido e lo stop totale alle forniture di gas russo in Europa facciano scattare i piani di razionamento energetico in Europa. La produzione scenderebbe e con essa la domanda di argento, legata particolarmente all’elettronica di consumo, al fotovoltaico, ecc. In generale, la crisi economica nel Vecchio Continente non autorizza a supporre che le stesse importazioni dalla Cina escano indenni dalla fase negativa. D’altra parte, se lo scenario volgesse per il meglio, ci troveremmo dinnanzi a quotazioni con potenziale rialzista. Anche perché il dollaro nei prossimi anni sarebbe destinato a indebolirsi contro le principali valute, euro incluso. E ciò offre generalmente sostegno ai prezzi delle materie prime in esso denominati.