Si restringono le possibilità di andare in pensione anticipata nel 2023. La strada tracciata dal governo Draghi prosegue anche con Meloni premier e il ritorno alla Fornero integrale per tutti è ormai un dato di fatto.
Non è una questione politica o di partito, ma di quattrini e di bilanci. Il debito pubblico italiano ha raggiunto vette siderali e i poteri forti, quelli che stanno al di sopra della classe politica e che decidono realmente le sorti dell’Italia, concedono sempre meno aggio ai governi.
Quindi la domanda che i lavoratori si pongono, in attesa della tanto agognata riforma pensioni nel 2023 è: come si andrà in pensione adesso? Anche se mancano pochi giorni alla approvazione della Legge di bilancio che contiene novità in tema di previdenza, il quadro della situazione appare già abbastanza delineato.
In pensione con Quota 103
Fra le novità più importanti c’è Quota 103 che prenderà il posto di Quota 102 in scadenza. Poi, la proroga di Opzione Donna con alcune modifiche (forse) e di Ape Sociale così com’è. Tutte misure che avranno la durata di 12 mesi.
Quota 103 – secondo i tecnici che hanno studiato la riforma pensioni lo scorso anno – rappresenterebbe il gradino successivo a Quota 102 per superare lo scalone Fornero. In realtà è solo un specchietto di facciata poiché risolve poco o nulla in questo senso. Si opterà per una combinazione di requisiti che prevede l’uscita con almeno 41 anni di contributi e 62 di età.
In aggiunta, ci sarà il limite di importo della pensione, pari a 4 volte il trattamento minimo, che precluderà l’uscita a chi riceverebbe trattamenti medio-alti. E’ del tutto evidente che in questo modo non saranno in molti a poter fruire di Quota 103. 48.000 lavoratori secondo le stime governative, meno della metà secondo i sindacati.
Opzione Donna fino al 2023 ma con restrizioni
Anche Opzione Donna proseguirà la sua corsa nel 2023.
In sostanza, se non interverranno modifiche a livello parlamentare, dal 2023 tutte le lavoratrici potranno andare in pensione a partire da 60 anni di età. Il requisito anagrafico previsto per Opzione Donna resterà fermo a 58 anni solo per coloro che hanno figli. Secondo quanto proposto dal Governo, la soglia anagrafica sarà però variabile in base al numero dei figli:
- 58 anni per le lavoratrici con almeno 2 figli;
- 59 anni per le lavoratrici con almeno 1 figlio;
- 60 anni per le lavoratrici senza figli.
Altri 12 mesi per Ape Sociale
La novità, rispetto al precedente rinnovo di Ape Sociale operato dal governo Draghi, riguarda i beneficiari. Non saranno introdotte per il 2023 nuove categorie di lavoratori gravosi, come invece auspicato dai sindacati.
Ricordiamo che per accedere all’anticipo pensionistico di Ape Sociale è necessario aver raggiunto il requisito anagrafico di 63 anni di età e avere alle spalle almeno 30 anni di contributi. Lo scivolo verso la pensione ordinaria è riservato a particolari categorie di lavoratori e l’importo è calcolato in base all’ammontare del futuro trattamento pensionistico di vecchiaia. Con tetto massimo pari a 1.500 euro al mese per 12 mensilità.
Pensione di vecchiaia e anticipata
A parte le novità che riguardano le pensioni anticipate, nel 2023 si potrà andare in pensione coi requisiti ordinari per uomini e donne. Ecco un riepilogo completo di tutte le possibilità:
- 67 anni di età con almeno 20 di contributi;
- 66 anni di età con almeno 20 di contributi in regime di totalizzazione;
- 66 anni e 7 mesi con almeno 30 anni di contributi per lavori gravosi e pesanti;
- 61 anni e 7 mesi con 35 anni di contributi per lavori usuranti;
- 71 anni di età con almeno 5 anni di contributi;
- 60-65 anni di età per militari e forze dell’ordine;
- 58 anni di età e 35 di contributi per militari e forze dell’ordine;
- 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (uomini);
- 41 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (donne);
- 41 anni di contributi indipendentemente dall’età (precoci e militari);
- 62 anni di età e 38 di contributi (Quota 100);
- 64 anni di età e 38 di contributi (Quota 102);
Queste ultime due opzioni interessano in particolare i lavoratori che hanno maturato i requisiti (cristallizzazione), ma non hanno esercitato il diritto.