Andare in pensione prima costa anche 45.000 euro, assurdo ma vero

I calcoli e perché andare in pensione prima porta sempre pesanti tagli di assegno, ecco l'esempio pratico di taglio da 45.000 euro.
21 ore fa
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I calcoli e perché andare in pensione prima porta sempre pesanti tagli di assegno, ecco l'esempio pratico di taglio da 45.000 euro.
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Andare in pensione prima è una possibilità che molti contribuenti hanno. Esistono numerose misure di pensionamento anticipato rispetto ai requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, tanto che molti riescono effettivamente a lasciare il lavoro in anticipo.

Tuttavia, andare in pensione prima non è mai neutro dal punto di vista economico. Anzi, potremmo dire che comporta sempre una perdita. Non esiste un soggetto che, lasciando il lavoro in anticipo, ottenga un vantaggio in termini di importo pensionistico.

Ma cosa succede se oggi diciamo che c’è chi, lasciando il lavoro a 64 anni, perde fino a 40.000 euro? Naturalmente, si tratta di casi specifici, non della regola generale.

I calcoli pensionistici, e dunque anche le eventuali perdite, variano da persona a persona.

Tuttavia, i conti che presenteremo nei prossimi paragrafi — con esempi concreti — dimostrano che è davvero possibile perdere anche 40.000 euro, semplicemente per il fatto di voler andare in pensione prima.

Andare in pensione prima costa anche 45.000 euro: assurdo ma vero

Andare in pensione prima ha sempre un costo per il lavoratore. E questo non solo perché alcune misure pensionistiche prevedono penalizzazioni, ma perché la perdita è spesso strutturale, determinata direttamente dalle regole di calcolo delle prestazioni.

Innanzitutto, chiariamo un concetto: quando parliamo di andare in pensione prima, ci riferiamo a un’uscita anticipata rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia.

La perdita sull’assegno pensionistico dipende da diversi fattori: dall’ammontare dei contributi versati, dall’età alla quale si lascia il lavoro, e così via.

Nel caso delle uscite con Quota 103 o con Opzione Donna, il taglio deriva anche dal fatto che queste misure prevedono il ricalcolo contributivo dell’assegno.

Ma, come detto, il costo per andare in pensione prima è strutturale, e riguarda anche le misure che non prevedono penalizzazioni esplicite sull’importo.

Il costo di una pensione anticipata: ecco quando andare in pensione prima fa davvero male

Andare in pensione a 64, 65 o 66 anni deve far riflettere su un primo aspetto fondamentale: lasciare il lavoro prima significa smettere di versare contributi.

In un sistema di calcolo contributivo, è evidente che più si versa, maggiore sarà l’importo della pensione. Al contrario, interrompere la carriera prima riduce l’importo della prestazione finale.

C’è poi la questione dei coefficienti di trasformazione, che risultano più bassi quanto prima si esce dal lavoro. Inoltre, chi decide di anticipare l’uscita deve considerare che, nel biennio 2025-2026, i coefficienti appena aggiornati sono peggiorativi rispetto al biennio precedente.

I calcoli: come rendersi conto di ciò che si lascia

Molti si chiedono quanto costa uscire un anno prima rispetto ai 67 anni. Quanto può incidere questo anticipo sul calcolo della pensione e quale penalizzazione comporta?

Come già detto, la perdita è fisiologica. Naturalmente, è minore per chi esce a 66 anni rispetto a chi lo fa a 65 o, peggio, a 64 anni — magari con la pensione anticipata contributiva.

Quest’ultima misura, com’è noto, permette di uscire a 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma solo se l’assegno maturato è pari ad almeno 3 volte l’importo dell’assegno sociale.

In questo caso, è evidente che comprendere l’effettivo taglio della pensione può aiutare il lavoratore a capire non solo quanto perderà, ma anche se ha effettivamente diritto a quella forma pensionistica.

Andare in pensione prima: perché costa caro il più delle volte

Per comprendere l’entità della perdita, pur considerando le differenze tra un lavoratore e l’altro, non c’è niente di meglio di alcuni esempi pratici.

Prendiamo il caso di un lavoratore con uno stipendio lordo ai fini pensionistici di 2.000 euro. Ipotizzando, per semplicità, che questa sia stata la retribuzione media dell’intera carriera, significa che ogni mese ha versato circa 660 euro di contributi.

Dopo 40 anni di lavoro, avrà accumulato un montante contributivo di 316.800 euro. Un anno di lavoro aggiuntivo, quindi, vale circa 7.920 euro di contributi in più.

Se questo lavoratore va in pensione a 64 anni, con i 316.800 euro accumulati, ottiene una pensione annua di circa 16.118 euro. Se invece rimane al lavoro fino a 67 anni, il montante sale a 340.560 euro, e con il coefficiente più favorevole dell’età più avanzata, ottiene una pensione annua di circa 19.099 euro.

La differenza è di circa 3.000 euro l’anno. Considerando una speranza di vita fino a 82 anni, questo significa che, nel corso della vita da pensionato, il soggetto perderebbe complessivamente 45.000 euro.

E questo, lo ricordiamo, semplicemente per aver scelto di uscire a 64 anni invece che a 67.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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